Autisti aggrediti, la rivincita di Yusupha
Dall’arresto ingiusto all’asilo politico

Il tribunale gli riconosce lo status di rifugiato: «Su di lui accuse ingiuste, eppure si è integrato»

Arrestato per un reato che non ha mai commesso, l’aggressione di due autisti di bus, rimasto ingiustamente in carcere per due mesi, Yusupha Ceesay, 25 anni del Gambia, alla fine ha trovato una buona ragione per gioire: il Tribunale ha accolto il suo ricorso e ha ordinato al questore di rilasciargli un permesso di soggiorno per «gravi motivi umanitari». E i suoi guai con la giustizia, a Como, hanno avuto un peso nella decisione dei giudici.

Il ragazzo con la maglietta gialla che, proprio a causa della sgargiante t-shirt indossata quel giorno, era finito in cella con l’accusa di aver partecipato all’aggressione di due autisti di bus comaschi, potrà restare in Italia. Gli avvocati Simonetta Ferro e Simonetta Luzzi hanno vinto la loro battaglia contro il ministero dell’Interno, che si era opposto al riconoscimento della sussistenza di motivi umanitari per concedere il permesso di soggiorno al giovane del Gambia.

Quell’accusa e quell’ingiusta condanna non sono certo passate sotto traccia, nel ricorso sull’ottenimento del permesso di soggiorno: «Ceesay - si legge nelle motivazioni del decreto - ha patito l’arresto, la reclusione e una condanna per fatti cui era del tutto estraneo. Circostanze di per sé traumatiche e che hanno, tra l’altro, bruscamente interrotto il suo processo di integrazione». Nonostante questo «è poi riuscito a riprendere quel percorso» grazie all’attività di volontariato per la parrocchia di Rebbio.

Giova ricordare che l’assoluzione di Ceesay e di Salifu Camara non significa che i due autisti aggrediti il 3 giugno di un anno fa in piazza Vittoria si sono inventati tutto, anzi (tanto è vero che per quelle lesioni sono stati condannati, in appello, i due nigeriani arrestati dalla polizia nella zona dell’aggressione). La loro assoluzione, e il riconoscimento del permesso di soggiorno per Ceesay, sono invece il risultato dell’applicazione di quei principi del diritto penale che valgono per chiunque, in Italia: non può essere giudicato colpevole chi non ha commesso alcun reato.

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