Clandestini, scattano le espulsioni
La stima: 1.300 verso il rimpatrio

Anche Como si adegua alle direttive del capo della polizia che invoca “tolleranza zero”

Per mesi ce li siamo ripresi senza batter ciglio, delegando alla polizia di frontiera il compito di accogliere, per esempio, i circa 31mila migranti clandestini respinti dagli svizzeri, tra luglio e dicembre, al confine di Ponte Chiasso.

Con l’avvento dell’anno nuovo, la situazione dovrebbe, potrebbe cambiare. Anche in provincia di Como, le forze dell’ordine stanno infatti attrezzandosi per adeguarsi alla stretta invocata dal capo della polizia Franco Gabrielli che, lo ricordiamo, in una nota diffusa il 30 dicembre scorso, invitava tutte le questure d’Italia a «conferire il massimo impulso all’attività di rintraccio dei cittadini stranieri in posizione irregolare, attraverso una specifica attività di controllo», raccomandandosi anche che in caso di identificazione di irregolari siano accelerate al massimo le pratiche per le espulsioni.

Difficile svolgere previsioni puntuali. Tuttavia, tenendo conto del fatto che circa il 70% delle domande di asilo viene respinto, è facile calcolare che nella sola provincia di Como rischiano un rimpatrio forzato più o meno 1.300 stranieri, sugli attuali 1.903 accolti nelle strutture della Provincia.

Secondo il questore di Como Michelangelo Barbato la politica internazionale deve «fare la sua parte, “strappando” accordi bilaterali con i Paesi di origine dei clandestini, in modo da rendere più sicure le operazioni di rimpatrio», spesso rese impraticabili dal fatto che molti dei “nostri” clandestini siano tutt’altro che bene accetti a casa loro. «Lavoriamo da sempre, e non da ieri, alla gestione di questa emergenza - dice il questore -. Il centro di via Regina è un esempio di rara efficienza, una sorta di Cie che ha già prodotto risultati più che apprezzabili, soprattutto dal punto di vista della sicurezza dei cittadini».

Qualche perplessità arriva dai sindacati di polizia, secondo i quali la perseguibilità di questo nuovo progetto dovrà passare per una rivisitazione di risorse oggi piuttosto scarse

Oggi la procedura prevede che lo straniero sorpreso senza documenti venga accompagnato in questura per il fotosegnalamento.

L’ufficio immigrazione invia richiesta per un posto in un Cie (in Italia ce ne sono soltanto tre: Roma, Torino e Caltanissetta), il posto ovviamente non c’è e all’immigrato viene consegnato un provvedimento di espulsione che gli intima di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni. Se all’ottavo giorno, lo stesso straniero fosse nuovamente fermato sul territorio nazionale, la procedura ripartirebbe da zero, con la notifica di un nuovo provvedimento di espulsione. Praticamente una prassi costante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA