Comaschi più poveri, in quindici anni
persa metà del reddito

Il Pil pro capite è sotto la media europea. Nel 2003 la ricchezza era al 138%

In Europa c’è chi corre e chi resta indietro. Secondo i numeri forniti da Eurostat, la nostra provincia appartiene alla categoria di chi arranca. Non solo: negli ultimi quindici anni, se raffrontato alla media europea, il reddito lariano si è ridotto di ben 43 punti percentuali, penultima prestazione in Italia insieme alla vicina Lecco.

Una premessa doverosa: i dati, come sempre, vanno presi con le pinze. Le analisi pubblicate da “Il Sole 24 ore” sono generali e, quindi, non considerano, per prendere un esempio, le migliaia di frontalieri, in aumento negli ultimi anni. Inoltre, nel duemila, Como vantava una situazione ottimale, ben al di sopra della media italiana e continentale. Infine, non si tiene conto degli ultimi due anni.

La tendenza

Detto ciò, è di sicuro una testimonianza delle difficoltà economiche patite dai comaschi negli ultimi tre quinquenni. Prendendo come riferimento la media del continente, la ricerca considera il Pil pro capite degli ultimi quindici anni permettendo un confronto cinque anni alla volta, così da capire l’evoluzione europea e italiana, suddivisa per province. Scendendo nello specifico: la nostra provincia cominciava il nuovo secolo con il 138% della media europea. Un lustro più tardi, il dato frana al 117% per poi scivolare a 106% nel 2010 e toccare quota 95% a fine 2015. Se consideriamo in maniera un po’ brutale la sola riduzione del reddito sempre paragonato alla media europea, in punti percentuali la provincia peggiore è stata Cremona (-48 punti), seguita però da Como e Lecco (-43) e poi Roma (-42). Questo è il gruppo, per usare le parole della ricerca, “dei nobili decaduti”.

Troppo specializzati

In generale, fra le cinque principali nazioni del continente quanto a reddito pro capite, solo la nostra resta ancora ampiamente sotto i valori pre-crisi, con un reddito medio di chi ci vive di poco inferiore a quello del 1999. «La nostra provincia - commenta Adria Bartolich, segretaria Cisl dei Laghi - partiva da un livello alto. Como ha sempre avuto una vocazione tessile, con ottime relazioni internazionali e una buona distribuzione commerciale. Essendoci organizzati in particolare attorno a un unico comparto con una specializzazione sulla produzione serica, con l’arrivo della crisi si è perso una buona parte di quell’indotto e sono scomparse diverse figure specializzate». I più penalizzati sono stati in particolare i lavoratori meno qualificati del terziario, per i quali è stata più ostica la ricollocazione occupazionale: «Da questa situazione - continua Bartolich - si esce attraverso la collaborazione fra le parti, politiche, datoriali e sociali, ragionando tutti insieme sul futuro del sistema comasco. Un esempio: è positiva la crescita del turismo: ma i salari, al momento, non sono ancora paragonabili a quelli del mondo industriale». Nella nostra provincia, in questi quindici anni, la povertà è aumentata: «In visita a Como - conclude Emanuele Cantaluppi, presidente delle Acli di Como - Giovanni Paolo II disse che la nostra era una città ricca. Oggi non è più così: il territorio soffre la chiusura delle aziende e la mancanza di un riciclo. La fascia più a rischio è quella di chi ha oggi 30-40 anni: la mancanza di lavoro può portare le persone ad accettare compromessi come il lavoro nero».

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