Como, l’uomo che riparava gli orologi
«Un dolore vederli ridotti così»

Alberto Panzeri: «Li fece il mio bisnonno, sono parte della mia vita»

E sulla manutenzione: «L’ho fatta per anni, poi il Comune mi ha bloccato»

Il tic tac degli orologi ce l’ha nel dna. Fu il suo bisnonno Edoardo a realizzare, per conto del Comune, quasi tutti gli orologi antichi del centro storico - da piazza Cavour a Porta Torre - e non a caso all’interno c’è l’inconfondibile logo “E. Panzeri”. Andrea Panzeri, 40 anni, conosce a memoria ogni ingranaggio e, per anni, li ha riparati personalmente seguendo suo nonno prima e suo papà poi. Oggi scuote la testa nel vederli tutti fermi: «È un dolore vederli così».

«Il più antico - racconta - è quello di piazza Cavour, costruito nei primissimi anni del Novecento. Fu il Comune a dare l’incarico al mio bisnonno di realizzarlo. Il valore? Difficile dirlo. Se si dovesse fare nuovo ci vorrebbero 10mila euro, ma c’è poi il valore affettivo e storico per la città che non so quantificare». Inizialmente tutti gli orologi erano comandanti da una stessa centralina, che si trovava nel sottotetto del Comune (oggi è esposta, restaurata, al museo della Seta) e per inviare il segnale si sfruttavano i cavi del tram lungo la Napoleona, tra Como e Camerlata. Poi, quando venne smantellato il tram, gli orologi rimasero isolati e ciascuno ebbe la sua centralina. «Alcuni - spiega - come quello di porta Torre e piazza Camerlata erano regolati con il segnale radio Dcf77 da Francoforte con l’ora atomica. Credo che quello di Camerlata sia ancora così (ed è uno dei pochi funzionanti, ndr) mentre quello di Porta Torre era poi stato cambiato dalla ditta che aveva avuto l’appalto (nel 2015 era stato utilizzato il sistema gps, ma si era bloccato quasi subito, ndr)».

I Panzeri hanno seguito la manutenzione degli orologi per oltre cento anni, tramandandosi la passione di padre in figlio. Poi è cambiato tutto. «Fino a qualche anno fa - dice l’orologiaio - in Comune c’era l’architetto Bergamini, grande appassionato e responsabile degli orologi. Dopo la sua morte il Comune è rimasto spiazzato. Nel frattempo mi hanno fatto sapere che era cambiata la legge e che non avrei più potuto partecipare alla gara. Stiamo parlando di una manutenzione che io facevo per meno di 4mila euro l’anno. Ci rimettevo anche, ma lo facevo con passione perché quegli orologi sono la mia famiglia. Tanti comaschi, se vedevano un guasto anche minimo mi chiamavano direttamente. Io prendevo la scala e andavo a sistemare. Ho iniziato a 8 anni, quando aiutavo mio papà a riparare gli orologi dei campanili».

Adesso Alberto Panzeri guarda gli orologi del suo bisnonno fermi. «Questa situazione dà fastidio al normale cittadino, figuriamoci a me. Soffro a vederli così e, a differenza degli altri, so anche il motivo. Ho combattuto per anni contro i mulini a vento presentando in Comune progetti, ma non mi hanno nemmeno risposto. Li vedo così e non posso fare nulla. Parliamo di pezzi di inizio Novecento che hanno bisogno di continua cura da parte di persone capaci».

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