Como, ottantenne aggredita. I passanti e un senzatetto bloccano il rapinatore

Anziana spinta in auto e bloccata da un uomo. Il primo ad accorrere è Gustavo, era in coda alla mensa. «Ho fatto il mio dovere, tanti sono intervenuti come me»

«Ho fatto solo quello che doveva essere fatto. Non ero da solo e in tanti mi hanno aiutato, eravamo almeno in dieci, anche più veloci, più forti e più bravi di me».

Gustavo Calandra ha 50 anni, arriva dall’Uruguay e tiene tra le dita una sigaretta. È un senza fissa dimora che nel pomeriggio di venerdì, quando erano le 18, ha abbandonato la fila per la mensa alla Casa Nazareth per correre incontro alle richieste di aiuto di una donna e scongiurare la rapina in corso ai danni di una anziana di 81 anni.

Quest’ultima, in via Porro, stava per salire a bordo della sua auto quando un uomo l’ha avvicinata, spinta dentro la vettura e poi bloccata, cercando di sfilarle gli anelli per scappare con la borsa. Una scena conclusa con l’arresto del rapinatore, Younas Waqar, 24 anni, originario del Pakistan. Il malvivente è stato preso in consegna dalle volanti della polizia e condotto nel carcere del Bassone dove nelle prossime ore verrà ascoltato dal giudice delle indagini preliminari. Le accuse parlano di rapina ovviamente, ma anche di lesioni in quando la signora ottantunenne ha dovuto farsi medicare al Pronto soccorso.

Ed è proprio al Pronto soccorso dell’ospedale Valduce che incontriamo Gustavo, pure lui contuso nell’inseguimento al rapinatore. Ha subito morsicature profonde a un braccio, nonostante indossasse uno spesso giaccone, e botte a un ginocchio e a una mano. È in Italia appena dal 4 novembre: «Non c’ero mai stato prima, arrivo dalla Svizzera dove ho chiesto asilo politico. Dormo in via Napoleona, nella casa comunale». Fa dunque parte di quella folta schiera di persone che noi, con leggerezza e senza pensare a ciò che questo comporta, definiamo appunto senza fissa dimora. Era un giornalista, nel suo paese. Poi, per motivi che è difficile comprendere («è una storia lunga», ammette lui stesso) ha girato tra Spagna, Germania, Belgio e Svizzera, prima di approdare lo scorso novembre in Italia. In Uruguay ha ancora i genitori e i fratelli.

Venerdì, quando erano le 18, Gustavo era in coda a Casa Nazareth per un pasto caldo. Tra le dita l’immancabile sigaretta. «Ho sentito gridate una donna da una finestra – racconta – Pensavo che ce l’avesse con qualche bambino. Poi però ho sentito “chiamate la polizia” e ho capito che c’era qualcosa di più grave. Allora sono corso a vedere». La dinamica di quanto stava avvenendo non è stata però subito chiara: «Non vedevo niente e non capivo. Poi dall’auto è spuntata la testa di quest’uomo che mi guardava. Ho capito che teneva schiacciato sotto una signora per rubarle la borsa. Allora ho provato ad aprire la portiera ma lui è scappato dall’altra parte».

Nel frattempo, altra gente si è mobilitata, compresi alcuni volontari della mensa e i residenti del posto, tutti determinanti in questo gioco di squadra per fermare il rapinatore consegnandolo alla polizia. «Qualcuno l’ha sgambettato ed è stato bloccato a terra. Cosa mi sono fatto? Mi ha morsicato ad un braccio – e mostra i segni dei denti – Poi ho un po’ di contusioni». «È normale aiutare chi ha bisogno – conclude Emjljan Troka, albanese di origine, che lavora in un albergo e che alla mensa fa il volontario – Abbiamo sentito gridare e siamo intervenuti. Io ho preso un colpo alle costole e ho contusioni a piede e stinco, ma almeno l’abbiamo bloccato».

Mauro Peverelli

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