Como, stranieri e clochard
Viaggio nella notte dei senzatetto

Almeno un centinaio di persone in strada tra migranti di passaggio e regolari in cerca di lavoro

«Sono un uomo senza fortuna». Si descrive così Saba, rumeno di settant’anni e in strada a Como da 8. Barba grigia e croce vistosa al collo, è uno degli “inquilini” storici di quell’area mastodontica, quasi 34 mila metri quadrati, collocata fra la stazione di San Giovanni (chiusa di notte e sempre ben presidiata dalle forze dell’ordine), e via Regina Teodolinda: si tratta dell’ex scalo merci, divenuto inutile al tramontare delle industrie circostanti e, da anni, vasta superficie in attesa di un destino.

All’interno del gigantesco scheletro della struttura, un tempo occupato anche da una comunità rom, fra pezzi di vetro, cartoni, gommapiuma legata alle pareti laterali e vecchie coperte fatte cadere a partire dal “tetto” come isolante dalle intemperie, vivono una trentina di persone: clochard storici e stranieri da tempo sul territorio si mischiano ai nuovi “ultimi”, migranti incagliati all’interno di farraginosi ingranaggi burocratici italiani ed europei che, spesso, oltre al tempo finiscono per prosciugare la speranza.

Ritrovo storico notturno,, dei clochard cittadini rimangono i portici della chiesa di San Francesco, con i sacchi a pelo posizionati in verticale, e lo sguardo verso viale Battisti. Altri, sono quattro o cinque, dormono fuori dalla chiesa di Sant’Eusebio, in città murata.

Con la presenza fissa di migranti, il numero di persone senza dimora a Como è cresciuto: in queste notti, più di cento persone, al momento, sono costrette a dormire sotto ripari miserabili e di fortuna. In attesa di vedere, nelle prossime settimane, che tipo d’estate sarà.

Il reportage su La Provincia del 30 maggio

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