Coronavirus in Ticino
Frontalieri, in 10mila
tornano al lavoro

Da oggi in Canton Ticino la parziale ripresa delle attività produttive e la riapertura dei cantieri Niente mascherine né per le strade né nelle aziende. Norman Gobbi: «Rischiano di dare una falsa sicurezza»

Sono 10 mila i frontalieri - in primis comaschi e varesini impiegati nell’edilizia - che questa mattina varcheranno il confine diretti in Canton Ticino e che vanno ad aggiungersi a quelli che già sono rientrati al lavoro dopo Pasqua ed al solerte personale sanitario o delle attività strategiche che non si è mai fermato in queste settimane di pandemia da Coronavirus.

La parziale riapertura di cantieri e attività strategiche (sotto lo sguardo severo dello Stato maggiore di Condotta cantonale) segna il primo vero banco di prova per il Cantone di confine che - in base a dati e percentuali fornite ieri dal domenicale Sonntagsblick - conta un numero di decessi otto volte superiori alla Svizzera tedesca (53,5 ogni 100 mila abitanti). Decessi che - spiega sempre il settimanale di lingua tedesca - rappresentano il 17% delle vittime a livello federale. Ieri il Ticino ha superato quota 3 mila contagi, con 281 decessi (e 616 pazienti dimessi). Quanto a contagi, il Canton Ticino è stato superato però dal Canton Ginevra. Certo è che il colpo d’occhio di Lugano, in questo fine settimana così come nei giorni precedenti (nonostante le restrizioni imposte più da Bellinzona che da Berna), è ben diverso da quello del capoluogo.

Le regole

La cosa che più balza all’occhio è l’assenza dell’obbligo di indossare le mascherine protettive, così come la presenza di ciclisti o di persone che liberamente parlano per strada. E così per famiglie a passeggio per le vie del centro, nonostante il sindaco Marco Borradori abbia deciso di blindare alcune zone della città. Un altro mondo rispetto al deserto (salvo qualche eccezione) di Como. Al Consigliere di Stato, Norman Gobbi - figura di prim’ordine della politica cantonale - abbiamo chiesto una fotografia dello stato dell’arte in Canton Ticino. Lo abbiamo fatto attraverso alcuni quesiti, le cui risposte danno l’esatto quadro della situazione dopo sei settimane di restrizioni. «I sindaci dei Comuni di confine non devono temere, anche perché saremo molto rigidi nei controlli (il tema è quello dei “contagi di ritorno”, ndr). Si riparte davvero a ranghi ridotti (il riferimento è ai cantieri all’aperto o al coperto svolte da 10 o meno addetti, ndr). Le rigide misure introdotte in Ticino in queste 6 settimane, la responsabilità dimostrata da tutti i ticinesi che sono rimasti davvero a casa hanno migliorato la situazione, ma rimaniamo molto vigili e attenti», la prima risposta fornita da Norman Gobbi. Il ragionamento generale non può prescindere dalla mancanza dell’obbligo (al contrario di quanto accade in Lombardia) di indossare la mascherina. «Il tema delle mascherine è oggetto di valutazione degli esperti - spiega ancora Norman Gobbi - In termini generali possiamo aggiungere che il rispetto delle norme igieniche e della distanza “sociale” restano le misure più efficaci. Le mascherine vanno bene, anche per la popolazione sana, ma solo se si aggiungono a queste misure. Come più volte sottolineato anche dai nostri esperti, la mascherina rischia di diventare una falsa sicurezza, soprattutto se non idonea e se usata male».

Fase due

Il Ticino è ormai proiettato già da oggi verso la “fase due”, con Berna ha fissato il dopo lockdown per il 27 aprile. “Il graduale allentamento delle misure - conclude il Consigliere di Stato - ci porterà a dover uscire con maggiore frequenza per motivi professionali, ma nel contesto resta fondamentale continuare ad evitare gli spostamenti inutili. Non vogliamo aumentare la gente in movimento, frontalieri compresi. Il messaggio che rivolgiamo a tutti: Mi proteggo, Ti proteggo”.

Infine il tema del controllo ai valichi di confine: “Il controllo prosegue (anche sul versante italiano) in modo importante e la polizia continua il monitoraggio della situazione sanzionando le irregolarità”.

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