Coronavirus, le imprese
Parrucchieri in rivolta
«Per molti è la fine»

Le imprese del benessere torneranno a lavorare soltanto a giugno«Siamo i più penalizzati»

Un altro mese di stop totale: per i parrucchieri e in generale il settore del benessere quella di domenica è stata una giornata pesante. Da Como si levano le voci che chiedono un ripensamento: ripartire il primo giugno significherebbe perdere subito diverse attività e pregiudicare il futuro di altre. Servono proposte e azioni alternative.

Lo sottolinea Elisabetta Maccioni, che guida la categoria per Confartigianato Como: «Sapevamo che avremmo aperto dopo, ma non ci aspettavamo così tardi. Speravamo una settimana, dieci giorni prima. Con tutti gli accorgimenti che eravamo già pronti ad adottare nelle nostre attività, è anche uscito un documento a livello nazionale.

Due mesi saranno a quota zero, aprile e maggio; marzo con il contagocce. «Siamo chiusi dall’8 marzo – ripercorre Maccioni – Tre mesi sono troppi. Intanto ci sono gli affitti da pagare o gli investimenti che sono stati effettuati. Il rischio è che molti non riaprano più». Una possibilità che sta crescendo di ora in ora. E Maccioni prosegue: «Siamo molto amareggiati, siamo stati i più penalizzati. Stiamo presentando un documento a livello nazionale, in cui chiediamo di partire entro fine maggio. Piuttosto ci diano altri presidi, indicazioni da seguire obbligatoriamente come già ci eravamo prefissati. Noi ci presentiamo anche vestiti da astronauti, ma ci facciano lavorare». Al lavoro con un cliente solo all’interno, anche il domicilio se ci fosse una possibilità: «Eviteremmo l’altro problema, che è l’abusivismo, così. Siamo pronti a seguire ogni direttiva, purché non ci mettano in condizione di chiudere».

Una rabbia, confermata dal presidente di Confartigianato Como Roberto Galli: «C’è un pool di esperti, oltre che un comitato scientifico, ma sembra voler fermare la catena di produzione dell’Italia. Si sta facendo poco o nulla per le imprese medio piccole e il settore del benessere ne è l’esempio. Che senso ha non dargli la possibilità di riaprire, rispettando tutte le caratteristiche messe in evidenza nel protocollo. Si pensa a musei e parchi, ma non a queste attività. Senza contare che la liquidità non è arrivata, neanche i 600 euro sono stati ricevuti da tutti».

La preoccupazione è alta, conferma Marco Rossi, presidente dei parrucchieri di Cna: «Da problema sanitario, ora sta diventando anche economico. Il mio negozio ha quattro dipendenti, neanche la cassa hanno ricevuto, solo la parte che ho pagato io. Incomprensibile che non ci sia attenzione per un settore che in Italia conta 135mila aziende e 260mila addetti».

Rossi conferma che in molti sono in difficoltà, tra le spese da sostenere e zero incassi. Anche per lui il rischio che qualcuno non riapra c’è. Reso ancora più assurdo da una constatazione ulteriore: «Lavoriamo già in sicurezza – ricorda – Intanto le clienti continuano a chiamarci e noi cerchiamo almeno di far avere loro i prodotti necessari con la consegna a domicilio. Ma solo questo possiamo». Il resto – aggiunge Marco Rossi – lo fanno gli abusivi, che nel frattempo potrebbero prendere piede.

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