Dieci anni di studio e una conferma
A Como si muore di inquinamento

Pubblicato il lavoro scientifico di un gruppo di medici di Sant’Anna e Valduce. Analisi su 4.100 pazienti comaschi: infarti e ictus, la correlazione con lo smog è diretta

Inquinamento atmosferico, infarto e ictus. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Cardiology, frutto di un lavoro decennale di collaborazione tra i reparti di cardiologia e neurologia dell’ospedale Sant’Anna e dell’ospedale Valduce, ha messo in evidenza una possibile correlazione - provata per il momento a livello epidemiologico e in attesa di ulteriore sperimentazione in vitro – tra aria inquinata e incidenza delle malattie cardiovascolari in città.

Lo studio, che ha osservato 4110 pazienti colpiti da infarto (il 51,6% dei pazienti osservati) e ictus, ospedalizzati nei nosocomi cittadini tra il gennaio 2005 e il dicembre 2014, è un passo importante nell’identificazione delle cause delle patologie cardiovascolari di cui soffrono, ogni anno, centinaia di comaschi. E la correlazione tra queste e l’inquinamento a Como non è delle più incoraggianti.

«Il dato che dobbiamo trarre da questo studio è che serve un’attenzione particolare all’inquinamento nella nostra città. Bisogna avere il coraggio di portare avanti azioni molto forti soprattutto per quanto riguarda la viabilità. Qui la gente si ammala e muore di trombosi», racconta il dottor Mario Guidotti, direttore del dipartimento di neurologia dell’ospedale Valduce, uno gli autori dello studio pubblicato sull’autorevole giornale scientifico.

La ricerca è stata portata avanti grazie alla collaborazione tra il Valduce e il Sant’Anna - autori dello studio, oltre a Guidotti, sono Simone Vidale, Marco Arnaboldi e Carlo Campana dell’ospedale Sant’Anna, Vittorio Bosio e Giovanni Corrado del Valduce e Roberto Sterzi, ex Sant’Anna, ora all’ospedale Niguarda di Milano - che ha fornito dati importanti grazie all’analisi statistica della correlazione tra il livello degli inquinanti registrati dalle stazioni cittadine dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) e il numero di infarti e ictus registrati negli ospedali della città. In particolare, l’analisi ha preso in considerazione quattro inquinanti, il biossido di azoto, l’anidride solforosa, l’ozono e la materia particolata, il tanto famigerato pm10, registrando comportamenti diversi in relazione alle diverse patologie.

Molti più malori in inverno

Sull’ictus, ad esempio, lo studio ha evidenziato che gli inquinanti hanno un effetto dilatato sul tempo - con un rischio maggiore a seguito di esposizione a livelli alti costanti di inquinamento per tre o quattro giorni consecutivi - mentre per l’infarto del miocardio si è evidenziata una correlazione legata alla fase acuta dell’inquinamento. Questo significa che un livello alto degli inquinanti in città può essere causa istantanea di infarto.

Lo studio è un progetto pilota che, lavorando su un periodo di tempo ampio, 10 anni, è in grado di fornire dati che non sono “falsati” da situazioni particolari e fattori determinanti che si possono manifestare in periodi più brevi: «Negli anni non abbiamo registrato un’impennata di casi, abbiamo avuto situazioni molto simili tra il 2005 e il 2014. La differenza la fa il periodo dell’anno, cioè nel nostro caso l’inverno, quando si accendono le caldaie, il traffico aumenta sotto Natale e noi vediamo molti più infarti e ictus», racconta Guidotti, per il quale «serve cominciare ora a immaginare azioni di correzione da parte degli amministratori e dei cittadini per evitare situazioni di questo tipo».

I numeri dello studio dicono che, in città, tra gli inquinanti, il biossido di azoto ha un’influenza significativa e continuativa sui disturbi cardiovascolari. Nello specifico, la ricerca ha osservato un incremento dell’incidenza di ictus e infarto al superamento del 24% del limite massimo di biossido di azoto. Il superamento del livello di pm10 per 4 giorni consecutivi, invece, secondo lo studio, aumenta il rischio di ictus di circa lo 0,5%: «Il messaggio che arriva è che alcuni inquinanti, in particolare il pm10 e l’anidride solforosa, hanno mostrato correlazioni importanti con eventi cardiovascolari», spiega il dottor Carlo Campana del dipartimento di cardiologia dell’ospedale Sant’Anna, tra gli autori della ricerca, che sottolinea l’importanza dello studio a livello locale.

«L’elemento significativo è che i dati che presentiamo non arrivano da lontano ma dal nostro territorio». E il fattore territoriale è tenuto in grande considerazione nella lettura dei risultati, alla luce della particolare situazione e dislocazione della città: «Parlando di aree urbane, metropolitane o extrametropolitane, ci possono essere variabili territoriali non trascurabili. La Pianura Padana, Como e la convalle rappresentano aree più chiuse rispetto ad altre con una stagnazione maggiore dell’aria».

Gli autori sottolineano l’importanza della ricerca fatta a Como: «È il primo studio che prende in considerazione un arco di tempo così ampio», racconta Guidotti che evidenzia l’importanza della collaborazione tra i due ospedali: «Abbiamo potuto lavorare su un database completo. Viviamo in una realtà fortunata perché riusciamo a coprire tutti i ricoveri della città di Como e uno studio così era possibile soltanto in una condizione dove si hanno dati su tutti i pazienti della città, cosa che in altre realtà non accade». Intanto lo studio attende un’ulteriore “spinta”, con la raccolta di dati attraverso sperimentazioni in vitro che potranno essere portate avanti in strutture universitarie e di ricerca: «Bisognerà andare a studiare e vedere se gli inquinanti sono presenti, ad esempio, nei coaguli, nei trombi, nelle pareti delle arterie. Questi però sono dati anatomopatologici che competono ad altri settori della medicina», conclude Guidotti.

Elena Roda

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