Emergenza migranti
Tornano i bivacchi

In via Regina persone costrette a dormire all’aperto

L’ira dei volontari: «Nel centro il cibo viene buttato via»

A meno di due settimane dallo sgombero dei giardini della stazione San Giovanni tornano i bivacchi notturni. Almeno una decina di migranti è stata costretta a trascorrere la notte all’addiaccio, in parte fuori dal cimitero monumentale in parte fuori dal cancello del centro dell’ex Rizzo, dopo che al campo erano stati respinti alla luce delle nuove regole d’accesso.

A rendere la situazione ancor più preoccupante il fatto che la parrocchia di Rebbio non può più far fronte all’emergenza, se non per numeri limitati. E così le persone rimaste fuori dai container sono state costrette a trovare giacigli di emergenza.

Questi bivacchi d’emergenza sono diretta conseguenza della decisione della Prefettura di modificare le regole di accesso per ricondurre l’emergenza - come aveva precisato il prefetto di Como - al rispetto delle procedure di accoglienza previste per legge. Il che significa che i migranti adulti e non considerati in condizioni di vulnerabilità che non passano prima dalla Questura non sono autorizzati a entrare nel centro gestito dalla Croce Rossa. Anche la scorsa settimana alcune persone erano rimaste fuori, perché si erano presentate dopo l’orario di chiusura dei cancelli delle 22.30, ma avevano trovato comunque ospitalità nella parrocchia di Rebbio.

Questa nuova situazione ha spinto “Como senza frontiere”, rete di realtà legate al mondo del volontariato che fa parte del tavolo di coordinamento per l’emergenza profughi, a chiedere un incontro al prefetto Bruno Corda.

Intanto tra i volontari che avevano prestato servizio alla mensa di Sant’Eusebio e che da qualche giorno hanno ottenuto il permesso di entrare al centro migranti all’ora di cena cresce l’insofferenza nei confronti di alcune situazioni riscontrate all’interno del campo.

Insofferenza lampante nei commenti pubblicati su facebook. A raccontare le problematiche principali è Olivia Molteni Piro, volto molto noto a Como, da sempre riconosciuta come una figura autorevole del mondo del volontariato. «Ho notato molta rigidità soprattutto sulle porzioni di cibo da servire, che devono essere molto contenute. Questo perché i primi giorni il cibo non bastava, ma poi quando era sufficiente ci è stato impedito di servire il bis a chi lo chiedeva con il paradosso che il cibo avanzato è stato buttato via».

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