Entrare in città a pagamento?
Impossibile per chi la attraversa

Pareri contrastanti sull’eventualità di istituire una “Zona C” - Nini Binda: «Si può fare». Spallino: «La convalle funge da collegamento»

Un’area C in chiave comasca? Solleva pareri contrastanti l’ipotesi avanzata da Mario Pittorelli, presidente delle società italiane di Bianchi Group, azienda del settore delle spedizioni e della logistica.

Da una parte i favorevoli, dall’altra chi pensa non sia fattibile istituire un ticket a pagamento per le automobili che entrano a Como in determinate fasce orarie.

L’ex assessore

D’accordo col suggerimento dell’imprenditore è Nini Binda, ex assessore alla Viabilità della giunta Botta, cui si deve il piano del traffico del 2001 ancora in vigore: «Sono anche il primo comasco ad aver comprato l’auto elettrica – aggiunge – credo che l’idea sia valida e la condivido. Realizzarla in toto sarebbe il massimo, altrimenti può essere utilizzata in alcuni casi, per esempio quando c’è il rally o il giro di Lombardia». Binda ricorda anche le misure prese quando il Como era in serie A, cioè nel 2002-2003.

«Le macchine dovevano fermarsi nei parcheggi di cintura come Valmulini e Tavernola – aggiunge – avevamo posizionato i cartelli, potenziato il trasporto pubblico e i vigili dirigevano il tutto: aveva funzionato. Durante l’amministrazione Botta sono state fatte cose eccezionali, poi purtroppo abbandonate. E i risultati si vedono».

Scettico invece l’ex assessore all’Urbanistica della giunta Lucini Lorenzo Spallino: «Assoggettare il traffico non di attraversamento a pagamento di un pedaggio, come ha fatto Londra e più recentemente Milano – premette - va benissimo e funziona, nonostante quello che sostengono alcune categorie. Ma per l’appunto non deve essere traffico di attraversamento». Secondo Spallino, prima si realizzano gli assi d’interconnessione esterni, e poi si chiede un pedaggio a chi sia proprio desideroso di entrare in città in auto. «Nonostante Como sia più piccola del più piccolo quartiere di Milano – continua - non solo funge da collegamento con le sponde est e ovest del lago e il territorio a sud, ma non può nemmeno dire di avere una tangenziale est-ovest degna di questo nome».

Un diritto e un dovere

Elena Maggi, mobility manager dell’Insubria, è generalmente favorevole a misure di questo tipo: «Le ricadute di solito sono positive – commenta – si riducono le emissioni, gli incidenti e i costi sanitari. Inoltre, le città diventano più attrattive».

Sul caso di Como, città con un grande problema di traffico d’attraversamento, sottolinea come pensa sia una buona idea quantomeno provare a ragionarci: «Il processo va gestito bene – avverte - la mobilità è un diritto e un dovere. Servono alternative vere come parcheggi esterni, autobus, navette e servizi di sharing per macchine e biciclette. Infine, si può pensare a usarlo solo per alcune zone e in determinati orari».

Perplesso invece Mario Lavatelli, presidente di Acus: «Per me non è sostenibile e non credo possa essere accolta sotto il profilo giuridico – conclude – Como è attraversata da strade provinciali e statali e, vista la sua conformazione, verrebbe leso il diritto di circolazione. Posso comprendere l’idea poiché il traffico è arrivato a livelli insostenibili, però non credo ci siano i presupposti».

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