La denuncia della Caritas
«I profughi usati
per vendere droga»

Il direttore della Caritas interviene dopo l’arresto e la condanna per spaccio di un profugo ospitato nell’ex caserma di via Borgovico

È notizia recente l’arresto, il primo in città, di un profugo per spaccio di droga: c’è il rischio che il mondo dell’illegalità si stia muovendo verso il mare magnum dei richiedenti asilo?

La questione preoccupa il direttore della Caritas Roberto Bernasconi: «Bisogna fare molta attenzione - spiega - Attorno ai ragazzi ospiti nelle strutture sta girando anche un universo certo non bello. Attraverso alcune pedine, di solito persone straniere, ci potrebbe essere il tentativo, specie per lo spaccio, di coinvolgere i richiedenti asilo da parte delle organizzazioni criminali, in gran parte composte da italiani: hanno individuato in loro una fonte ipotetica di guadagno. Per me è il rischio c’è, e l’abbiamo denunciato da un po’ di tempo». È cronaca quanto accaduto di recente: l’unità sicurezza urbana della polizia locale di Como ha arrestato per spaccio Laity Salou, 29enne del Gambia. In manette per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale anche un suo conoscente e connazionale, Ensa Sansyang, 24enne del Gambia.

L’arresto è la conclusione di un’attività d’indagine, fatta di appostamenti sui terrazzi circostanti con videocamere e binocoli per documentare lo spaccio. Lo spacciatore arrestato è stato trovato con una quantità di droga piuttosto modesta - poco meno di un grammo e mezzo - ma aveva appena venduto una dose di marijuana. Al processo con rito direttissimo, l’uno e l’altro sono stati rimessi in libertà dopo avere patteggiato rispettivamente 2 mesi per lo spaccio (riconosciuta l’attenuante della “modica quantità”) e sei mesi per la resistenza, con sospensione condizionale. Non sono stati espulsi, quando la sentenza sarà definitiva potrebbero però dover lasciare il centro di accoglienza.

«Accoglienza di qualità»

Come fare per affrontare una questione così delicata e scivolosa, specie in prospettiva futura? «Spesso - continua il direttore Caritas - quando si parla di accoglienza, ci si focalizza sui soldi e si discute poco e male di questo problema. Per prima cosa, è necessaria l’attenzione ed è importante aiutare la gente a capire cosa sta accadendo. Il rischio è grande, pensiamo al sud e al fenomeno del caporalato. Inoltre, ci vuole un’accoglienza di qualità, cercare di riempire la giornata con attività positive come la scuola, lo sport. Diventa cruciale spiegare loro con estrema chiarezza come questo mondo prospetti non una scorciatoia bensì un vicolo cieco che non fa parte in nessuna maniera del nostro vivere civile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA