Palestre, vergogna senza fine
E gli atleti lasciano le squadre

Poche strutture, quelle che ci sono (nelle scuole) restano chiuse - I presidi: «Questione di sicurezza». Intanto però le società devono fermarsi

Como

Le società sportive stanno perdendo squadre e atleti perché in città mancano gli spazi per allenarsi e giocare le partite.

Le palestre delle scuole cadono a pezzi e siccome nessuno vuole assumersi la responsabilità dell’incolumità degli atleti, pomeriggio e sera restano chiuse.

A Como ad uscirne sconfitto, alla fine, è lo sport.

«Noi abbiamo perso le atlete più forti perché nelle palestre mancano i metri utili a prendere la rincorsa per saltare - racconta per esempio Antonella Larotonda, direttrice tecnica della Ginnica 96 -. Stavamo a Trecallo, in una palestra comunale fatiscente senza riscaldamento. Poi alla Fogazzaro anche se è piccola. Adesso alle medie di Lora. Abbiamo 450 atlete. Per le agoniste andiamo alla Magistri, ma accendere i caloriferi costa cinquanta euro a sera».

La Magistri ospita le ginnaste, non i cestisti della Antoniana. «È una scelta dell’istituto - dice l’allenatore Stefano Rossi -. Sono diverse le scuole che fanno usare gli impianti solo agli alunni. Noi negli anni abbiamo dovuto rinunciare al mini basket. Ora siamo al Palasampietro, ma dall’anno prossimo con l’arrivo di nuove squadre rischiamo di perdere alcuni spazi». Pur di tenere aperte le palestre allenatori e genitori fanno di tutto.

«La palestra di via Giussani per la ristrutturazione della scuola doveva riaprire a settembre, causa ritardi speriamo apra a novembre - racconta il presidente dell’Alebbio Mauro Borghi -. È l’unica omologata per la partite, anche se non può entrare il pubblico. In via Cuzzi non possiamo fare le gare, perciò adesso giochiamo sempre in trasferta». Negli ultimi tre anni l’Alebbio ha speso circa 10mila euro per sistemare queste due palestre. I bagni, il parquet, adesso le luci di sicurezza. Tutte queste squadre peraltro pagano l’affitto al Comune. Alla Fogazzaro solo da martedì le porte sono state riaperte, il dirigente scolastico le aveva chiuse in attesa di un ok formale dal Comune, l’ente proprietario dello stabile. Molte scuole infatti non sono più disposte a condividere le palestre con gli atleti. È già successo anche a Como centro, ad Albate.

Alle superiori la maggioranza degli istituti risponde con un secco no. I presidi sono i responsabili, anche penalmente, delle strutture e sono sul piede di guerra.

«Bisogna sedersi tutti attorno a un tavolo - commenta Silvana Campisano, preside del Caio Plinio -, per stabilire in maniera chiara di chi è la responsabilità, chi deve fare i lavori e chi le pulizie. Da me le squadre non possono entrare. È una questione di certificati e di sicurezza, oltre ai controlli e alle multe che poi tocca a noi pagare».

«Nemmeno qui si allenano le squadre esterne - dice Nicola D’Antonio, preside del Giovio - e neanche alla Ciceri. Bisogna garantire la sicurezza di chi entra nelle palestre. Oltre a un minimo di efficienza, tra bagni e attrezzature. È una partita non facile. Poi mi rendo conto che in città fare sport per i nostri ragazzi così diventa davvero difficile».

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