Paratie, la battaglia si sposta al Tar
«Anac incostituzionale, delibera nulla»

Il legale dell’ex direttore lavori Viola fa ricorso al Tribunale amministrativo

«Abnorme il potere concesso all’Anticorruzione. VIolati i diritti della difesa»

Se i giudici del Tar del Lazio dovessero - condizionale d’obbligo, ovviamente, non è detto che lo facciano - trovare motivi validi per accogliere il ricorso presentato contro l’Anac di Raffaele Cantone dall’avvocato dell’ex direttore dei lavori delle paratie, l’interminabile diatriba sul lungolago di Como diventerebbe un caso nazionale. Perché Elisabetta Di Matteo, legale di Antonio Viola, ha notificato nei giorni scorsi al Tribunale amministrativo di Roma un ricorso nel quale si chiede di dichiarare incostituzionale l’Autorità Anticorruzione. O, quantomeno, di far annullare la delibera con la quale, nel gennaio di un anno fa, la terza variante al progetto paratie (e non solo lei) è stata demolita dall’Anac.

In 47 pagine di ricorso il legale di Antonio Viola - il quale è a processo nell’ambito del processo paratie, nato proprio dall’attività di accertamento svolta dall’Anticorruzione - smonta punto su punto il lavoro degli ispettori romani ma, soprattutto, sostiene che l’Autorità stessa sia stata concepita in violazione delle norme costituzionali.

Partiamo da quest’ultimo punto, senz’ombra di dubbio quello potenzialmente più clamoroso. Secondo l’avvocato Di Matteo la legge ha «attribuito ad Anac un potere abnorme» che avrebbe trasformato l’Anticorruzione presieduta da Cantone in «una forza di polizia e un’autorità giudiziaria aggiunta» che però «non garantisce le tutele imposte a tali corpi dello Stato» per quel che riguarda il «diritto alla difesa». Il legale sottolinea che Viola si trova sotto processo penale, accusato di violazioni civili e danni erariali proprio per l’inchiesta che l’Autorità romana ha fatto sull’intero progetto paratie: non esistono «limiti effettivi e concreti all’esercizio dei poteri attribuiti ad Anac».

In merito all’annullamento della delibera 1/2016, quella che ha bocciato la terza perizia di variante uscita dagli uffici dell’amministrazione Lucini e che aveva spinto il primo cittadino a commentare: «Fare l’Anac è più facile che fare il sindaco», l’avvocato di Viola contestata - nel ricorso - «errori e contraddizioni» ma anche «illegittimità» delle conclusioni a cui giunge il lavoro degli ispettori romani.

In particolare si accusa di aver bollato come illegittime le varianti precedenti applicando norme edilizie entrate in vigore successivamente alle stesse, cioè «facendo valere ex post elementi che al momento dell’adozione degli atti censurati non erano affatto pacifici». Nel ricorso si legge che «le analisi Anac documentano il mutevole e caotico contesto normativo in cui si è dovuto agire» e che «seguendo il ragionamento» dell’Autorità, «che esprime il suo giudizio ora per allora, ogni variante sarebbe esclusa tout court». Ora non resta che attendere cosa ne pensano i giudici amministrativi. Anche se è lecito temere tempi biblici: facile che si arrivi alla sentenza nel processo in corso a Como, prima di conoscere il pensiero del Tar.n 

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