Ragazzi e videogiochi
Decine di casi curati al Sant’Anna

Cetti: «Tendono a isolarsi dal mondo». Cura del gioco patologico anche alle Betulle di Appiano: «Lo stesso meccanismo cerebrale dell’abuso di droghe»

Dipendenza da videogiochi mista alla ludopatia, decine i casi di adolescenti che sono stati seguiti al Sant’Anna. Non c’è solo la storia, del ragazzino comasco di 16 anni ha bruciato 2600 euro dal conto Poste pay giocando a Clash of clans, comprava bonus da uno e da due euro per superare i livelli e sbloccare tesori virtuali. Storie come questa si spera siano un’eccezione e invece gli adolescenti schiavi del gioco e dello smartphone anche nella nostra città non sono affatto casi isolati.

«Ho avuto modo di seguire negli anni svariate decine di questi pazienti - spiega Claudio Cetti, fino al dicembre del 2016 primario del reparto di salute mentale del Sant’Anna – dare dei numeri è complesso, soprattutto perché questi giocatori virtuali tendono ad estraniarsi dal mondo, ad isolarsi, è un sintomo di una crescente inquietudine del mondo odierno. Giocano talmente tanto, anche la notte, da alterare il ritmo del sonno. Sono dinamiche crescenti e non occasionali, si può arrivare perfino al ritiro sociale».

«Giocare ai videogames crea dipendenza perché dà piacere al cervello – racconta Michele Sforza, direttore del Centro per lo studio e la terapia delle psicopatologie, alla casa di cura Le Betulle di Appiano Gentile, che si occupa anche di gioco d’azzardo patologico e dipendenza da internet – Il meccanismo è lo stesso dell’abuso di droghe e di alcool, è così anche per il sesso virtuale, gli adolescenti data la giovinezza e la minor esperienza sono più a rischio, ma l’età in generale non influisce. Una parte antica del nostro cervello infatti è deputata alle emozioni, ci gratifica o ci punisce, processa ciò che facciamo e ciò che ingeriamo ed in cambio produce dopamina, un neurotrasmettitore che ci regala la sensazione di piacevolezza. Le mamme aiutano i bambini a non esagerare con il gelato, adolescenti e adulti devono invece fermarsi da soli attivando l’area fronto-temporale del cervello, il senso del dovere e della responsabilità. Ad alcuni però funziona poco e rischiano la dipendenza».

Non è un fatto di intelligenza o di serietà, è una questione meccanica, cerebrale. Il dottor Sforza sta curando un paziente adulto che giocava fino a poco tempo fa a Clash of clans anche per 72 ore filate, senza mangiare e senza dormire. Per uscire da questo incubo la terapia più utile, spiega l’esperto, è quella di gruppo, le relazioni e l’amicizia possono facilitare l’astinenza.

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