Referendum: «Per i frontalieri
non cambierà nulla»

Sergio Aureli, responsabile frontalieri del sindacato svizzero Unia spiega che l’esito della consultazione in Ticino non dovrebbe avere conseguenze pratiche, dal momento che non spetta al Cantone ma a Berna legiferare in tema di lavoro.

«Seppur votato, l’esito del referendum sarà di difficile applicazione e non cambierà l’orientamento del mercato del lavoro cantonale». Lo conferma Sergio Aureli, responsabile frontalieri del sindacato svizzero Unia, secondo il quale l’esito del referendum in Svizzera non dovrebbe avere conseguenze pratiche, dal momento che non spetta al Cantone ma a Berna legiferare in tema di lavoro. «Il voto di oggi rappresenta la cartina al tornasole di una politica economica del Canton Ticino che non affronta in modo concreto le soluzioni ai problemi del mercato del lavoro - ha aggiunto -. Solo col dialogo si risolvono i problemi».

«Errare è umano, perseverare è diabolico - afferma Francesco Dotti, consigliere regionale lombardo e vicepresidente della Commissione Speciale per i Rapporti con la Confederazione Svizzera di Regione Lombardia - Anche questo voto cantonale, come già accaduto il 9 febbraio 2014, non avrà applicazioni pratiche. La linea di Regione Lombardia non cambia: giù le mani dai frontalieri!». Chi auspica un intervento del Governo italiano per tornare al dialogo è Sydney Rampani, dell’Associazione Frontalieri Ticino: “Capisco le motivazioni di fondo che hanno portato i ticinesi a votare in questo modo, ma a questo punto l’accordo fiscale Italia-Svizzera non può andare in porto. Ora mi aspetto un intervento del nostro Governo».

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