Scuola, a tavola (anche) con menù etnici
«Ma niente schiscetta. È roba vecchia»

Nominata alle Politiche educative, Amelia Locatelli, medico, ha le idee chiare. «Il pranzo al sacco è discriminante. Bene introdurre sapori e ricette per raccontare il mondo»

«La schiscetta? Roba vecchia». Amelia Locatelli, dermatologa di professione, neo assessore comunale alle Politiche educative, sembra avere le idee abbastanza chiare, su un punto almeno: «Comprendo le mamme, perché sono una mamma anch’io, e c’è sempre il timore che i bambini non mangino a sufficienza o non mangino affatto. Ma l’idea del pranzo al sacco, della cosiddetta schiscetta, oltre a non avere alcuna valenza educativa, rischia di essere, per certi versi, anche discriminante. Lo dico anche da medico, mangiare insieme un cibo sano ed equilibrato è anche un modo per prevenire il rischio di incappare in disturbi metabolici».

Le richieste delle mamme in quanto a mensa sono spesso molto pretenziose. Il dibattito ha tenuto banco, in città, per tutto lo scorso anno scolastico. A Torino, città da cui è partita la “rivolta della schiscetta”, il Comune ha perfino lanciato un nuovo menù vegano.

«Sono curiosa, mi piace assaggiare tutto - dice il neo assessore -. Non escludo a priori nessun tipo di scelta alimentare. Certo la dieta vegana non può essere imposta e organizzativamente, per ragioni di costi, di cucine, di generi alimentari, è molto impegnativo assecondare tutte le richieste. Però non dico di no, anzi mi piacerebbe introdurre la giornata del piatto speciale, magari etnico, per far conoscere ai bambini sapori e ricette lontani, diverse, è un volano per raccontare il mondo».

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