Smog, altro che auto
«Caldaie prima causa»

A Como ancora troppi edifici pubblici riscaldati a gasolio. Il 15 ottobre si riaccendono i termosifoni. Il pericolo da caminetti e stufe

Hai voglia a imporre lo stop alle auto più inquinanti, le domeniche a piedi o le targhe alterne: tutte misure ampiamente sperimentate e che si sono dimostrate inutili a ripulire l’aria sempre più sporca che stagna su Como e in generale sul “bacino padano”, ovvero la macro regione che comprende Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

Perché un dato emerge con chiarezza dagli studi che sono stati condotti negli ultimi anni sulla qualità di ciò che respiriamo in relazione alle polveri sottili (pm 10 e pm 2.5, ritenute all’origine di numerose malattie cardio-respiratorie, quand’anche non agenti cancerogeni): il trasporto su strada influisce solo per il 25% nel processo di formazione di questi inquinanti.

Quasi il doppio invece (il 45%) è originato dagli impianti di riscaldamento. A pochi giorni dall’accensione degli impianti di riscaldamento in città e in provincia (si parte il 15 ottobre), questo è un dato che deve far riflettere.

All’interno di questa fetta, sorprendentemente è il consumo della legna, seppur minoritario in termini quantitativi, a produrre gli effetti più devastanti: il 97% del particolato da riscaldamento è dovuto proprio a stufe e caminetti che si sono diffusi sempre più negli ultimi anni, proprio quando il problema delle polveri sottili è esploso nei cieli del Comasco e della Lombardia.

«Ai primi freddi stufe e caminetti sono i primi ad essere accesi e l’effetto è quello di produrre una cappa di fuliggine sopra la città e su lago, ben visibile dalle strade a mezza costa» avverte Bruno Magatti, consigliere comunale, già assessore all’ambiente nella giunta Lucini.

«Pur riscaldando solo il 7% degli ambienti, la combustione della legna è la principale fonte di pm 10 a causa degli elevati fattori di emissione a parità di calore reso» conferma la conclusione dello studio di Arpa Lombardia presentato lo scorso anno, da cui derivano le linee d’azione decise nell’accordo di programma tra le quattro Regioni.

Linee d’azione, va detto, che ancora si concentrano quasi esclusivamente sulle limitazioni all’utilizzo delle vetture, diesel in particolare, prevedendo il fermo per gli impianti di riscaldamento a legna solo dopo il superamento per quattro giorni consecutivi di 50 microgrammi per metro cubo di concentrazione di pm 10 nell’aria. E solo se in presenza di un impianto alternativo.

Detto in altre parole, il caminetto si può accendere quasi sempre, seppure sia di gran lunga il principale incriminato per le emissioni inquinanti in atmosfera. Se questo è il poco rassicurante quadro regionale, quello locale comasco non sembra migliore. Un po’ perché la conformazione della convalle non aiuta ad allontanare gli inquinanti. E poi perché ancora oggi resistono in città una ventina di grandi edifici con impianti alimentati a gasolio: non solo condomini, ma anche palazzi pubblici con grande potenza installata e di conseguenza con notevoli emissioni.

Sorprendentemente anche le sedi dell’Azienda per la tutela della salute di via Pessina e via Cadorna. E poi il Comando provinciale della Guardia di finanza di piazza del Popolo (palazzo Terragni) e le Poste di via Gallio.

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