Tanti “cento” alla maturità?
Sì, ma ultimi in Lombardia

Sorprendono i primi dati diffusi dall’ufficio scolastico regionale - Nel Comasco, voto massimo raggiunto da meno di uno studente su dieci

Como

La seconda maturità in “epoca” Covid, ha fatto segnare in Lombardia un record di cento, ma non a Como. Nella nostra provincia, si conta meno di uno studente su dieci premiato con il massimo dei voti.

Stando ai primi dati diffusi dall’ufficio scolastico regionale, non ancora definitivi, ma non tanto provvisori da poter essere ribaltati, il voto massimo alla maturità ha interessato il 13,5% dei candidati, di cui l’1,7% con la lode. Questo in Lombardia, con punte vicine al 30% di cento su cento nel milanese.

Un aumento considerevole delle valutazioni rispetto al periodo “pre Covid” c’è stato anche a Como, ma in confronto ad altri territori che potrebbero essere considerati di “manica più larga”, la nostra provincia è ultima per il numero dei maturandi da “cento”.

«Il voto della maturità dice poco, non è una misura utile al confronto con gli altri territori – ha precisato Roberto Peverelli, preside del Setificio – all’interno di un singolo istituto ci sono indirizzi che assegnano voti più alti rispetto ad altri indirizzi non in ragione di studenti davvero più bravi. Ci sono tante variabili anche discrezionali». Inoltre, ha spiegato Nicola D’Antonio, preside del Giovio, «l’ultimo è stato un esame anomalo, è difficile fare il confronto con il passato. Il numero dei crediti scolastici assegnati nel triennio aveva un peso molto superiore rispetto ai crediti assegnati all’esame». Per quanto riguarda l’esame, “l’orale era una prova unica, senza commissari esterni. Sarà anche complicato monitorare il successo formativo futuro all’Università visto che lezioni ed esami non si sono svolti negli ultimi due anni in maniera regolare. La pandemia ha creato un biennio strano, che non permette paragoni». Il voto alla maturità è comunque un biglietto da visita per gli studenti per entrare all’Università o fare carriera nel mondo del lavoro.

«I diplomati comaschi da decenni hanno ottimi piazzamenti nei test d’ingresso universitari con buone medie voto negli anni successivi – fa notare Emanuela Longoni, docente della Magistri Comuncini – la poca generosità dei docenti non significa che i nostri ragazzi non si dimostrino poi bravi, anzi tutt’altro. Potremmo anche in prospettiva, come corpo docente, dare più crediti già dalle classi terze, ma l’importante non credo sia il voto alto, quanto offrire una formazione di livello».

Insomma secondo i docenti le nostre sono scuole severe, ma sono scuole di livello. «Non valuto la preparazione di uno studente dal voto della maturità – dice Laura Bianchi, docente al Volta – è una somma di numeri in poche ristrette prove, quest’anno una soltanto. Le variabili sono tante come le differenze tra sistemi scolastici. Invece che fare la media dei voti, dei 90 oppure dei 100 assegnati, sarebbe più opportuno approfondire la percentuale di studenti che abbandona i corsi universitari o che trova in breve tempo un’occupazione soddisfacente».

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