Ticino, burqa vietato per legge.
Multe fino a 10.000 franchi. Il magnate algerino: «Le pago tutte io»

Via libera del parlamento cantonale dopo il referendum popolare votato quasi due anni fa

In un Palazzo blindato, con tanto di metal detector e controlli serrati agli ingressi (elevato anche in Ticino il livello di allerta dopo gli attentati di Parigi), il Parlamento ticinese ha imboccato la strada del via libera definitivo alla legge anti-burqa. In sostanza nessuno potrà, nei luoghi pubblici, coprirsi il volto con burqa o niqab (il velo che lascia scoperti solo gli occhi) o qualsiasi altro tipo di indumento, pena il pagamento di una multa variabile tra i 100 e i 10.000 franchi. La norma (chiamata legge sulla “dissimulazione del volto”) si applica ovviamente sia ai residenti che ai turisti, anche se questo aspetto ha suscitato qualche rimostranza dagli operatori del settore.

Il dibattito serrato, iniziato alle 17, si è chiuso nella serata di lunedì. Con alcuni distinguo e con alcune modifiche è dunque arrivata l’approvazione del provvedimento più atteso e discusso degli ultimi mesi oltreconfine. Tanto che da una legge si è passato a un doppio provvedimento, uno relativo all’ordine pubblico (che contempla ad esempio il fenomeno dell’accattonaggio) l’altro - come detto - sul burqa, entrambi portati avanti in aula dalla relatrice Natalia Ferrara Micocci (Partito Liberal Radicale Ticinese). Il Ticino è il primo cantone svizzero a dotarsi di una legge anti-burqa.

«Rispettando la volontà popolare, garantiremo l’entrata in vigore in tempi celeri. Annuncio già una data: il 1° aprile», ha affermato il consigliere di Stato, Norman Gobbi (Lega dei Ticinesi). Già, perché fatta la legge, ora c’è da attivare il regolamento applicativo. Il Parlamento ticinese vorrebbe affidare l’applicazione del provvedimento ai Comuni sul “modello francese”. Circostanza questa che ha creato parecchie frizioni in Parlamento. In molti hanno lamentato l’esiguità degli organici delle polizie comunali.

«Avanti tutta, senza guardare a ripercussioni sul turismo», ha spiegato Gabriele Pinoja (Udc). Il Ticino ha forti legami turistici con diversi Paesi del mondo arabo. Legami che - secondo alcune stime - varrebbero nel medio periodo circa 16 milioni di franchi (circa 15 milioni di euro). Non ha usato mezze misure Gianrico Corti (Partito Socialista): «Chiariamo bene chi deve intervenire per sanzionare chi non rispetta la legge. Non troviamoci nelle condizioni di avere poi situazioni equivoche». Diretto anche Fiorenzo Dadò (Partito Popolare Democratico): «I ticinesi si sono espressi nel settembre 2013 a favore di questa legge. Noi dobbiamo dare risposte concrete alla volontà popolare. In un anno e mezzo si poteva fare di più. E anche se qualche località lacustre è contraria, noi dobbiamo andare avanti». Chiaro, pur senza citarla, il riferimento a Lugano.

Intanto l’imprenditore franco-algerino Rachid Nekkaz ha affermato che è disposto a pagare tutte le multe che le autorità ticinesi infliggeranno alle donne che indossano il burqa, così come ha già fatto in paesi in cui un divieto simile è già stato introdotto, come in Belgio, Francia e Olanda. IL tutto all’indomani dell’approvazione della norma cantonale che pone il divieto di indossare in pubblico indumenti che coprano il viso.

Lo ha affermato lo stesso imprenditore alla Rsi, la radio svizzera italiana: «Due anni fa sono stato a Ginevra e a Locarno e mi sono impegnato pubblicamente a pagare le multe al posto delle donne sanzionate perchè portano volontariamente il velo».

«Dal 2010 tutto il mondo musulmano sa che pago le multe (in quell’anno ha messo a disposizione un fondo di un milione di euro con questo scopo), ho un sito internet con il mio nome e quindi è facile contattarmi», ha concluso spiegando come le donne eventualmente multate potranno farsi pagare l’ammenda.


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