Il ritorno alla villa del Dosso
Un tuffo nel magico passato

A cent'anni dalla morte di Carlo Dossi una visita alla dimora dell'intellettuale aiuta a ripercorrere la carriera dell'autore del "Primo censimento degli italiani all'estero"

Tanti, tantissimi anni fa il Dosso rappresentava per noi, giovani coppie, una casa dove trascorrere serate tra amici. Ammirati sì, ma non certamente intimiditi dal luogo così ricco di memorie e di storia.
Beno e Giosetta, fin da allora impareggiabili padroni di casa, avevano la disinvoltura di chi è sempre vissuto tra mura importanti ed il grande pregio di essere perfettamente a proprio agio quando, a loro volta, erano ospiti delle nostre case.
Con la stessa gioia di allora, un tuffo in un lontano passato, senza perdere nulla della spensieratezza di un tempo: questo è il clima del mio ritorno al Dosso.
Le circostanze erano diverse: ospiti gli Amici del Poldi Pezzoli e l'occasione assai ghiotta, Sergio Romano illustrava, ricordando il centenario della morte di Carlo Dossi, l'aspetto politico-diplomatico della vita del Dossi. Sergio Romano ha esordito sottolineando la mancanza di un collegamento tra vita letteraria e vita politica del Dossi.
Molti critici, uno per tutti Dante Isella, hanno studiato a fondo l'opera del Dossi, tralasciando di esaminare quanto il Dossi ha prodotto durante la sua vita da diplomatico. Sergio Romano ha dimostrato nel suo dire di essere "del mestiere": la sua esperienza di ambasciatore traspariva nel racconto della carriera diplomatica del Dossi, che raggiunse vette di assoluto prestigio come capo di gabinetto di Francesco Crispi.
Il Crispi, primo ministro, aveva affidato al Dossi il compito di scrivere molti dei suoi discorsi ufficiali e, addirittura, le bozze degli importantissimi "Discorsi della Corona", un vero e proprio programma di governo.
È interessante ricordare come il Dossi prese posizione contro lo stile diplomatico di allora, cercando di liberarlo dalle eccessive forme retoriche che lo appesantivano.
Un lavoro che appassionò ed impegnò per alcuni anni il Dossi fu la redazione del "Primo Censimento degli Italiani all'estero", lavoro che venne presentato al Re nel 1884. Nell'archivio del Dosso ho visto le pagine manoscritte di questo lavoro, corredate da una carta geografica. All'epoca gli italiani nel mondo erano oltre un milionetrecentomila contro i trecentomila che si pensava fossero prima di questo studio.
Un'altra grande emozione mi aspettava visitanto l'archivio: i quattordici quaderni delle "Note Azzurre", scritti con grafia minuta, caratteri tutti della stessa altezza, con brevi notazioni a margine. Accarezzare con gli occhi quelle pagine che gli anni hanno rese leggere in un momento magico della giornata, quando la luce stà lentamente cedendo alle tenebre, con Beno e Giosetta che, da ragazzi spensierati come io li ho conosciuti, sono diventati i custodi attenti ed innamorati della casa avita, ha rappresentato per me un tempo di sospesa intensità, quale è raro vivere. Solo le domande competenti di Chiara Milani, che era con me, e sceglieva con i padroni di casa i materiali da esporre in biblioteca per una mostra celebrativa, mi hanno riportato alla realtà.
Arrivando alla Villa Pisani Dossi con la luce ancora intensa di un pomeriggio di fine ottobre, ho incontrato l'aspetto più monumentale e severo della sua architettura, che è andato stemperandosi man mano la luce si indeboliva, fino ad assumere fattezze rarefatte, più suggerite che reali.
Sale e saloni pieni di oggetti d'arte, soffitti affrescati, soffitti a cassettoni, uno scalone imponente: ma l'aria che vi si respira è quella di una casa e molto amata. Dovunque mazzi di fiori - prevalentemente dalie di un rosa intenso coltivate in giardino - disposti con grande originalità, in modo da rendere "casa" anche gli ambienti più sontuosi.
Ed in questi ambienti gli ospiti, i soci appunto della prestigiosa Associazione gli Amici del Poldi Pezzoli, dopo la doppia conferenza di Sergio Romano e di Niccolò Reverdini (che dell'avo ha illustrato l'opera letteraria e gli aspetti meno noti del suo carattere) si muovevano con evidente piacere, ammirando tutto, deliziati da una splendida tavola, imbandita con ogni ben di dio.
Nella sala da pranzo il paesaggio entra prepotente e vince persino sulla bellezza dell' interno. Il panorama da questo previlegiato punto di osservazione, come da uno sperone di roccia, sempra dividersi in due parti ben distinte: la città con le sue emergenze architettoniche ed il lago che libero si snoda verso nord, tra montagne precipiti già innevate. La Villa Pisani Dossi è un repere da qualunque parte della città e come tale appartiene al quotidiano di ogni comasco. Pochi sanno però che la villa è stata pensata ed intensamente voluta da Carlo Dossi, che ne ha seguito amorevolmente la costruzione, racchiudendo in quelle mura il suo gusto estetico, il suo amore per la famiglia e per le amicizie, a coronamento di una vita che amaramente lui stesso definiva incompiuta.
E, purtroppo, anche la Villa del Dosso è stata per lui una grande incompiuta: moriva prima che la costruzione fosse del tutto terminata.

Livia Porta

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