Cultura e Spettacoli
Lunedì 01 Giugno 2009
A spasso nella preistoria lariana
fra piccoli squali e piante giganti
Dal mitico Lariosauro al misterioso Ostenocaris: ecco chi abitava a casa nostra
E' un caso editoriale la mappa dei giacimenti comaschi: va letteralmente a ruba
A fare il punto per la prima volta sull’eccezionale disponibilità di fossili sui monti e nelle cave comasche e lecchesi è il libro che l’Amministrazione provinciale ha affidato alle cure del ricercatore Attilio Selva. Il volume - "Alla ricerca dei fossili nei monti e nelle cave del Lario e del Ceresio" - è già un piccolo caso editoriale: presentato a metà della scorsa settimana e in distribuzione gratuita all’Ufficio ecologia di Villa Saporiti (prenotazioni allo 031.230367), nel giro di pochi giorni ne sono già state richieste oltre 250 copie. Segno che sull’argomento l’attenzione e la curiosità sono vivissime.
L’area presa in esame offre una quantità di siti di grande interesse: il più importante, addirittura a livello mondiale, è quello di Osteno. Particolari condizioni di conservazione hanno fatto sì che alcuni degli animali qui rinvenuti recassero le tracce mineralizzate persino delle parti molli: una miniera di informazioni per gli studiosi. Ma non è tutto: Osteno ha regalato esemplari rarissimi di animali preistorici, per esempio lo Squaloraja, un piccolo squalo con un rostro simile a quello della razza. Sempre qui è venuto alla luce in numerosi esemplari un animale sconosciuto: l’impronta fossile era quella di un grosso carapace con alcune appendici, solo dopo diverse ipotesi ha preso forma, e nome, l’Ostenocaris cypriformis, un crostaceo che fino alla fine dei tempi si porterà dietro il riferimento alla località sul Ceresio dove è stato identificato per la prima volta. Un altro sito di prima grandezza è quello della Valle Sanagra, sopra Grandola: un giacimento di piante, non perché all’epoca a cui risale, il Carbonifero, non vi fossero animali, ma perché essi sono si sono conservati.
Qui, fra felci giganti e vestigia di una vegetazione lussureggiante che doveva ricordare un’isola tropicale, particolare emozione ha destato il rinvenimento di semi fossili: traccia della nascita di un nuovo tipo di riproduzione vegetale in un ambiente dominato dalle piante a spore. Ma un appassionato o un neofita del mondo dei fossili non può ignorare Varenna, sul ramo lecchese del lago, culla del Lariosauro: non tanto perchè questo rettile vivesse solo qui - al contrario, ne sono state ritrovati esemplari in molti altri siti - ma perché anche in questo caso il galateo scientifico ha voluto che l’animale prendesse il nome dal luogo del primo ritrovamento, e perché questo fossile di cui molto si è parlato racconta un pezzo importante della storia della paleontologia. Un pezzo di storia di cui oggi resta poco: la maggior parte dei reperti sono andati distrutti durante la guerra nei bombardamenti dei musei di Milano e Francoforte. Oggi ne rimangono solo quattro: uno è a Monaco di Baviera, uno - quello esposto al crotto - a Milano, e i due più piccoli al Museo di storia naturale di Lecco.
Sempre dal punto di vista storico è fondamentale conoscere anche l’Alpe del Vicerè, sopra Albavilla, un eccezionale osservatorio per le ammoniti, ritrovate qui in numerosissimi esemplari in rappresentanza di ben 106 specie. Un’abbondanza che ha permesso di osservare l’evoluzione di questo mollusco e della sua conchiglia.
A proposito, chi si accosta all’affascinante mondo dei fossili sappia che è lecito goderne solo nei musei o, in natura, senza allungare le mani: la raccolta dei fossili è proibita da una legge del 1939 ribadita da un decreto del 1999 sulla salvaguardia del patrimonio storico culturale nazionale.
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