Sorico, uccise il fratello a bastonate
La Cassazione: 18 anni di carcere

Sentenza definitiva per il delitto di Arno Sandrini avvenuto a Nigolo l’1 marzo 2019

È diventata definitiva la condanna a 18 anni di carcere per Pietro Sandrini, 45 anni, il più piccolo di tre fratelli tutti segnati dal destino. Il maggiore, Arno Sandrini, fu ucciso proprio da Pietro. Mentre il fratello di mezzo, Alfredo, fu freddato all’età 40 anni la sera del 5 gennaio 2014 per un debito di droga, mentre pedalava sulla ciclabile di Gera Lario.La vicenda chiusa ora dalla Cassazione con la condanna definitiva dell’uomo, residente a Sorico, unico superstite della stirpe di fratelli, risale al primo marzo di due anni fa quando Arno Sandrini venne ritrovato da un educatore del centro psicosociale di Dongo esangue nella camera da letto della casa di famiglia di Nigolo, frazione di Sorico.L’educatore, preoccupato perché non aveva incontrato Arno nonostante avessero un appuntamento già fissato, si sentì dire dal fratello Pietro, appena in casa, che il fratello era «su bello stecchito». L’educatore chiamò ovviamente i carabinieri di Menaggio, che avviarono un’indagine - coordinata dal pubblico ministero Antonio Nalesso e condotta dall’aliquota operativa - che si chiuse nel luglio successivo con l’arresto del fratello con l’accusa di omicidio volontario.Si scoprì successivamente che la sera prima del ritrovamento del corpo l’omicida era rientrato a casa ubriaco e decisamente arrabbiato. Una volta al cospetto del fratello maggiore, un uomo grande e grosso con qualche problema dal punto di vista cognitivo, ma buono come il pane, Pietro (della cui difesa si sta occupando l’avvocato Rosaria Coletta) lo avrebbe aggredito a causa di una bolletta della luce che non era stata pagata, e che aveva causato il distacco del contatore da parte dell’Enel. Pietro impugnò un bastone e colpì più volte con violenza Arno. Lo colpì talmente tante volte e con così tanta violenza che il fratello, anche in conseguenza alle patologie pregresse di cui soffriva, è morto. Ora la corte di Cassazione ha definitivamente chiuso il caso: confermata la condanna a 18 anni di reclusione.

(R. Cro.)

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