Sentito il fidanzato della maestra
lndaga anche l’esperto del caso Yar

Il gialloSembra certo che sia morta in Svizzera, ma come sia arrivata a Rodero resta un mistero

La soluzione?la stanno cercando i carabinieri, la polizia cantonale e il genetista Carlo Previderè

Da Stabio a Rodero, cinque chilometri e un valico doganale (quello del Gaggiolo) per un viaggio di sola andata.

A tre giorni dal ritrovamento del cadavere di Nadia Arcudi, la maestrina che viveva con la madre e che qualcuno ha abbandonato senza vita tra i boschi ancora fitti fitti di vegetazione al di qua del confine, carabinieri e polizia cantonale procedono un po’ a tentoni, nella speranza di risolvere uno stranissimo giallo, una sorta di “delitto non delitto”.

Ad autopsia eseguita (che, lo ricordiamo, aveva individuato in un edema polmonare la causa principe del decesso, compatibile, per esempio, con un episodio di soffocamento), la Procura della Repubblica di Como ha nominato anche un consulente per la risoluzione di eventuali quesiti genetici. La scelta del pm Massimo Astori, titolare del fascicolo, è caduta su Carlo Previderé, “vecchia” conoscenza del tribunale lariano, genetista dell’università di Pavia a suo tempo già coinvolto nella indagine sulla strage di Erba e, in tempi più recenti, in quella sulla morte della povera Yara Gambirasio, a Bergamo. Non è chiaro se la nomina di Previderé sia una nomina semplicemente precauzionale - se cioè la Procura abbia voluto premunirsi in caso di bisogno - o se invece già sussista la necessità di uno o più approfondimenti di natura genetica.

Il trasporto attraverso il valico

Di sicuro il cadavere qualcosa ha “raccontato” agli esperti che in questi giorni lo hanno sottoposto ad analisi e qualcosa ancora potrebbe raccontare. L’obiettivo di tutti, da questa come dall’altra parte del confine, è quello di risalire se non al colpevole di un omicidio che per il momento non è un omicidio, quantomeno all’identità di chi ha effettuato il trasporto, di chi domenica - o chissà quando - si è caricato la povera Nadia in auto, l’ha “traghettata” oltre il confine di Stato e l’ha scaricata dove poche ore più tardi sarebbe stata ritrovata.

Il precedente del 2010

In altre parole, la soluzione del giallo, secondo quanto si apprende in ambienti investigativi, non è qui, non a Rodero, non nel Comasco, non in Italia. Esattamente come avvenne nel 2010, quando a cavallo del confine si dipanarono le indagini seguenti al ritrovamento del cadavere di Beatrice Sulmoni (uccisa a Mendrisio e gettata nel lago dal marito), esattamente come allora è in Svizzera che occorre scavare.

Così, non sarà un caso che, per tutta la giornata di ieri, gli esperti della scientifica della polizia elvetica abbiano passato al setaccio la casa che la giovane maestra di scuola elementare - orfana di padre - divideva con la madre in quel di Stabio. Ore di verifiche, perquisizioni, controlli, alla ricerca di uno straccio di collegamento che consenta di risalire anche soltanto a un sms, a uno scambio di mail, a un abboccamento, a un appuntamento.

Il fidanzato - al pari di tutti gli altri parenti sottoposti a interrogatorio - è stato rilasciato dopo alcune ore trascorse vis à vis con gli investigatori cantonali e senza che nei suoi confronti - la conferma è arrivata ieri mattina - fosse intrapreso alcun genere di provvedimento. E allora? E allora bisognerà attendere ancora. Le risposte, se una risposta dev’esserci, sono nascoste chissà dove. Magari in un computer, in un profilo social, tra le pieghe di una vita in apparenza normale e anzi quasi perfetta: la scuola, la famiglia, i boy scout. O ancora in quegli esami tossicologi disposti sempre dalla Procura, che vuole vederci chiaro: e capire, anche soltanto per poterlo escludere del tutto, se Nadia avesse ingerito o consumato qualche sostanza. Credibile? Chissà. Le soluzioni dei grandi misteri, a posteriori, lo sono sempre molto poco.
S. Fer.

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