Turate, dal luppolo alla birra
Ingredienti a km zero

L’agriturismo “Turàa”: «Coltiviamo anche l’orzo»

Ci sono la “Mascazza” bionda e la rossa “Santa Maria”

«Le abbiniamo ai nostri piatti a seconda della stagione»

Dalla raccolta dei luppoli si arriva alla birra artigianale con una lavorazione esclusivamente locale. Così all’agriturismo “Turàa” di Roberto Vago, in via Mascazza a Turate, si preparano le birre a chilometro zero.

L’idea è nata un paio di anni fa e si è aggiunta alle varie iniziative che anno dopo anno si sono moltiplicate.

In pratica, un’apparente seccatura è stata trasformata in opportunità: visto che nei campi coltivati prevalentemente a frutta e ortaggi crescevano luppoli selvatici, le piante di tipo tedesco e inglese sono state fatte arrampicare sulla parete di una serra.

I luppoli assomigliano a delle piccole pigne che si sviluppano di solito tra agosto e settembre. Dopo la raccolta possono essere utilizzati ancora freschi oppure fatti essiccare: la scelta dipende dal tipo di birra che si vuole ottenere.

All’agriturismo inizialmente si producevano cinque tipi di birre, alcune con l’aggiunta di orzo, chiamate con i nomi delle zone di coltivazione: Mascazza, Bajadera, Santa Maria, Fagnana, Murron. È stato preferito ridurle a due, la Mascazza e la Santa Maria, sia per la carenza di materia prima con cui produrle, sia perché alcune tipologie si abbinano poco alla cucina proposta dall’agriturismo. Entrambe non sono filtrate e non sono pastorizzate: vengono fatte rifermentare in fusto prima di servirle.

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