Frontalieri, addio allo smart working ed è polemica sul governo italiano

Confine Niente accordo tra gli Stati: dall’1 luglio per ventimila lavoratori italiani si torna solo in presenza. Alfieri (Pd): «Paghiamo il ritardo del Governo». Puglia (Ocst): «La scelta di Roma non ha nessuna logica»

«C’è bisogno di accelerare, cosa che il Governo non sta facendo. D’accordo le coperture retroattive su un tema sensibile come quello del telelavoro dei frontalieri, ma il dato oggettivo è che la Svizzera non procederà ad alcun accordo finché sulla Gazzetta Ufficiale non verrà pubblicata la nuova intesa fiscale, che include anche il tema del depennamento della Svizzera dalla black list del ’99».

L’affondo del senatore varesino del Partito Democratico, Alessandro Alfieri, certifica di fatto che la data del 30 giugno segnerà nuovamente la fine dell’ultima fase dell’intesa legata al telelavoro dei frontalieri, che dunque dal 3 luglio (l’1 è sabato e cade peraltro dentro il ponte per la festività dei Santi Pietro e Paolo) dovranno tornare al lavoro in presenza. Perché in assenza di certezze, accadrà ciò che si è concretamente materializzato dall’1 febbraio e cioè che tra l’incertezza sulle ripercussioni in materia fiscale e l’imprimatur delle aziende a rientrare in presenza, si è preferito tornare a varcare (in larghissima parte il confine), anche se poi la stretta di mano tra i due Governi ha sanato la situazione sino a venerdì prossimo. Difficile dire quanto durerà questa finestra.

Ritorno al passato

«Senza il nuovo accordo fiscale in Gazzetta Ufficiale, non ci sono margini per affrontare con la Svizzera una nuova intesa sul telelavoro dei frontalieri - la chiosa di Alessandro Alfieri -. Non si capisce il perché di questa lentezza da parte del Governo. Le parole lasciano il tempo che trovano. Ora servono i fatti. Noi incalzeremo l’Esecutivo per capire quali sono le sue reali intenzioni». In questi giorni si sono rincorse diverse voci sul destino del telelavoro dei frontalieri, inclusa quella in base alla quale l’idea di fondo sarebbe ancorarlo al nuovo accordo fiscale. Ma ciò richiederebbe ulteriori passaggi parlamentari su entrambi i lati del confine, considerato che il nullaosta deve essere speculare per parte italiana e svizzera. Voci, nulla più al momento.

Anche i sindacati reclamano certezze. «Il 30 giugno scade la norma transitoria che il Governo italiano ha concesso ai frontalieri per poter lavorare da casa entro il 40% del tempo di lavoro - sottolinea Andrea Puglia, responsabile dell’Ufficio Frontalieri del sindacato Ocst -. Il Governo italiano ha deciso di non rinnovare questa norma transitoria. Pertanto a fronte di questa scelta, che definiamo illogica, i frontalieri torneranno dal 1° luglio ad essere soggetti alle norme generali sul telelavoro, che obiettivamente sono molto penalizzanti». Andrea Puglia aggiunge un altro dettaglio di rilievo e cioè che «tra i 15 ed i 20 mila frontalieri in Ticino dovranno rientrare negli uffici, dopo che si erano abituati a lavorare da casa due giorni la settimana grazie alla norma transitoria».

Le prospettive

È chiaro che le riflessioni su ciò che accadrà dal 1° luglio riguardano anche un discorso più ampio ovvero le reali intenzioni dei due Paesi (leggasi dei due Governi), con la Svizzera che si è ufficialmente detta disponibile a negoziare con l’Italia un nuovo accordo amichevole, che - per dirla con Andrea Puglia - «possa dare stabilità alla norma del 40%, anche sfruttando l’apertura che c’è stata a livello europeo. L’obiettivo è far sedere al tavolo delle trattative anche l’Italia per negoziare quanto prima un accordo sul telelavoro dei frontalieri».

Quanto alle tempistiche - perché alla fine oltre che di fiscalità è anche una questione di tempi e modi di applicazione dei singoli provvedimenti - l’Ocst conferma che «difficilmente ci saranno novità prima del prossimo autunno».

© RIPRODUZIONE RISERVATA