«Frontalieri. La tassa di collegamento non si tocca»

Confine Il governo del Canton Ticino ribadisce l’applicazione dal 2025. Possibile un nuovo ritorno alle urne

Mentre il Governo ticinese sembra voler tirare dritto per la propria strada, confermando la volontà di applicare dal 2025 la “tassa di collegamento”, il balzello pensato per arginare i grandi generatori di traffico, in primis aziende e centri commerciali e che di fatto era stato pensata come una tassa in chiave anti-frontalieri, il Gran Consiglio - il Parlamento cantonale - a larga maggioranza ha avallato la nuova iniziativa popolare finalizzata all’abolizione di questa dibattuta tassa.

La novità lascia presagire un probabile ritorno alle urne su questo spinoso tema, con gli elettori ticinesi al voto e con i nostri frontalieri nel ruolo di spettatori interessati, considerato che - stando alle prime prime proiezioni - la tassa di collegamento dovrebbe incidere sulle tasche dei lavoratori per una cifra pari a 875 franchi l’anno. Cifra peraltro destinata ad essere ritoccata al rialzo nel corso degli anni sino a raggiungere e superare i mille franchi.

Gli oneri

Questo in virtù del fatto che le aziende (e in generale l’influente Usam, l’Unione svizzera arti e mestieri) in tempi non sospetti avevano già fatto sapere che le spettanze della tassa di collegamento sarebbero state trattenute dalle buste paga dei lavoratori.

Nelle ultime ore, l’esecutivo cantonale ha però fatto sapere che «la tassa di collegamento non si tocca», respingendo al mittente i legittimi dubbi avanzati nelle ultime settimane, anche se sulla vicenda - come anticipato - pende ormai lo spettro di un nuovo ricorso alle urne, alla luce delle oltre 16 mila firme raccolte da forze politiche bipartisan, con una forte rappresentanza dell’Udc.

L’introito

«La tassa è stata votata dai cittadini e confermata dal Parlamento», ha rimarcato il Consiglio di Stato ticinese al Corriere del Ticino. Notizia questa che inevitabilmente tocca da vicino anche tanti frontalieri, ricordando che la “tassa di collegamento” andrebbe a sommarsi al prelievo in via di definizione tra il 3 e il 6% dello stipendio per finanziare la sanità su questo lato del confine.

Il Governo ha deciso di difendere il provvedimento anche in virtù dei 20 milioni di franchi che ogni anno il Cantone andrebbe ad introitare, peraltro in un momento particolarmente complesso per le finanze ticinesi. Da capire ora quale sarà la decisione ultima su questo dibattuto provvedimento, con l’Udc - che ha riconfermato la propria presenza sia in Consiglio nazionale che in Consiglio degli Stati a Berna - deciso più che mai ad affossare la volontà popolare del 2016.

E un po’ come accaduto per la Lia - la discussa Legge sulle imprese artigiane, poi abrogata -, anche per la “tassa di collegamento” si è verificata una sorta di legge del contrappasso, considerato che questo balzello, pensato soprattutto per limitare l’equazione “un’auto, un frontaliere” più volte evidenziata da diverse forze politiche ticinesi, col tempo ha poi mutato i propri obiettivi, rischiando sin dall’introduzione datata 2025 di andare a pesare sulle tasche (anche) di tanti ticinesi.

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