Como, legge e ordine
sono solo sulla carta

Nell’ora più buia della nazione, un vile attacco è stato sferrato alle libere istituzioni democratiche della città di Como. Un manipolo di facinorosi, che si spacciano astutamente come barboni, senzatetto e senza fissa dimora, ma che in realtà sono agenti di una cellula terroristica in sonno che ha l’obiettivo far cadere la giunta Landriscina, venerdì mattina ha bloccato l’ingresso del municipio.

I golpisti erano armati di tutto punto. Chi brandiva un materasso sfondato, chi sguainava un sacchetto di plastica con dentro avanzi di pizza e smozzichi di focaccia rancida, chi sventolava scarpe di cartone. Una provocazione intollerabile, una gazzarra inaccettabile, uno sfregio senza precedenti alle autorità costituite, nascosto dietro la richiesta davvero inaudita di non chiudere il tendone del Centro cardinal Ferrari e il dormitorio di via Sirtori. Per fortuna di tutti noi comaschi per bene che rispettiamo le leggi e che paghiamo le tasse, a fronteggiarli si è presentato l’assessore alla sicurezza, Elena Negretti, che dal bunker di Palazzo Cernezzi e con il coraggio che la contraddistingue, ha scaricato tutte le colpe dell’adunata sediziosa sulla Caritas, rea di non averla avvisata della decisione di chiudere le strutture, ricordando a tutto il mondo che era una vergogna e che era una cosa intollerabile e che era una cosa inaccettabile che in questa città dovesse fare tutto lei.

Peccato che l’assessore sia stato smentito in presa diretta dal direttore della Caritas, Roberto Bernasconi, che l’ha informata che la decisione dello stop, causa mancanza di organico e di volontari, azzerati dal rischio contagio, era stata comunicata tramite mail certificata almeno due settimane prima. Da quel momento in poi dell’assessore Negretti si sono perse le tracce, probabilmente è andata a scavare una buca ai giardini a lago dove si è sotterrata con l’impegno di riapparire solo ai primi freddi dell’autunno. Del sindaco, nessuna traccia. Il dottore era fuori stanza. I bene informati dicono di averlo visto darsi alla macchia nei boschi di Brunate, da dove organizzerà la resistenza all’invasione dei senzatetto, altri di averlo bloccato a Dongo su un camion militare direzione Valtellina con indosso l’uniforme di un vigile urbano tedesco, i più maliziosi, infine, che abbia già raggiunto Pescara, dove affiderà il governo della città al nipote del maresciallo Badoglio. Cattiverie.

Ma in men che non si dica, la situazione è stata presa in mano, con la consueta energia e competenza, dal feldmaresciallo Alessandra Locatelli che, con lo scolapasta in testa e un attimo prima di essere seppellita dalle risate, ha tuonato contro i clandestini che ricattano la nostra città proprio mentre gli italiani perdono il lavoro e le aziende chiudono ed è una vergogna che da anni gli irregolari bivacchino sotto i portici di San Francesco in totale spregio delle più elementari norme di igiene e di sicurezza e che adesso basta e adesso è ora di finirla e adesso la gente è stufa e adesso la gente non ne può più. E bene ha fatto a svergognare davanti ai comaschi tutte le inefficienze accumulate negli anni scorsi dall’ex assessore ai servizi sociali della giunta Landriscina (cioè lei) e l’immobilismo dell’ex ministro degli Interni (cioè il leader del suo partito). Metafore.

Ora, ci rendiamo tutti conto che trovare una sede per un dormitorio dove ospitare le persone in difficoltà sia un problema di complicatissima soluzione, un vero ginepraio, un vero rompicapo, un cubo di Rubik nei confronti del quale l’emergenza Covid 19 sembra davvero una barzelletta e che sia passato già un anno dal voto in consiglio comunale che lo istituiva senza che nessuno abbia mosso un dito è del tutto irrilevante – il tempo vola… - e siamo ancora più consci che solo uno sforzo comune che metta in rete tutte le migliori intelligenze del circondario potrà farci uscire da questa avvilente impasse. E quindi, dopo aver purtroppo accantonato alcune soluzioni brillanti, ma leggermente ardite, proposte dalla Locatelli - deportare tutti i clandestini nello stadio Sinigaglia, che fa tanto Cile anni Settanta, metterli al lavoro coatto nelle piantagioni di banane e di cotone in Ticosa, dove potrebbero tra l’altro esercitarsi nella nobile arte del gospel, utilizzarli come esche umane per catturare finalmente il Lariosauro - il sindaco ha pensato di istituire un comitato di esperti che dovrà supportarlo nell’affrontare al meglio l’immane opera che lo attende.

La lista degli intellettuali che hanno già confermato la propria adesione fa impallidire, per curriculum e standing, i saggi della commissione Colao: Amedeo Nazzari, Don Lurio, Mario e Pippo Santonastaso, il pagliaccio Baraldi, la presidentessa dell’associazione vedove cattoliche, il coordinatore degli amici dell’organo di Aci Trezza, il viceresponsabile dell’ufficio del catasto di Ambivere con Mapello, il presidente emerito del circolo del bridge, lo storico segretario del sodalizio dei reduci di Amba Alagi, un prepensionato del Kgb, un sostanzioso gruppo di umarell in attesa della riapertura dei cantieri delle paratie, due acquafrescai, alcuni salatori di aringhe, svariate sagome di cartone e, a chiudere, l’assessore Pettignano, che, come di consueto, passa in fiaschetteria e porta da bere per tutti.

E mentre i saggi di Landriscina penseranno, ponzeranno e si gratteranno la pera in qualche austero romitaggio, da domani avremo frotte di disperati a spasso per la città e, di notte, li ritroveremo tutti assieme appassionatamente a bivaccare a San Francesco. Come al solito. Come sempre. E che questo schifo - per loro e per noi - prosegua da anni a causa della totale incompetenza di una giunta che a chiacchiere e distintivi proclama legge e ordine, ma che poi nei fatti segue l’italianissima filosofia italiota del chissenefrega della sicurezza dei comaschi e della dignità assoluta di ogni essere umano, barboni compresi, tanto io so’ io e voi non siete un cazzo, fa ridere soltanto lei.

© RIPRODUZIONE RISERVATA