Addio a Melgrati, bandiera azzurra

Si è spento all’improvviso ieri notte a 76 anni. Sesto nella classifica delle presenze di tutti i tempi

«Mettila in banca, mettila in banca». Aggrappati alla rete lungo i distinti o la tribuna, i tifosi gridavano così mentre il Como impostava l’azione. La “Banca” erano i piedi di Roberto Melgrati, quello che allora si chiamava terzino destro, con il 2 sulla schiena. Perché era affidabile, serio, non perdeva mai il pallone e arava la fascia destrorsa con l’incedere del leader silenzioso. Melgrati, una bandiera del Como, si è spento ieri notte, all’improvviso, trovato esanime dalla moglie il mattino dopo: aveva 76 anni. E tra gli altri, ha lasciato attoniti, disperati, quegli amici dello spogliatoio azzurro che avevano continuato a condividere con lui serate o passeggiate come se ancora fossero in squadra assieme. Ezio Cavagnetto, Gigi Gozzoli, Enrico Todesco, Marco Nicoletti, Silvano Fontolan, Ennio Fiaschi, Giancarlo Centi, Gigi Sguazzero che, alternativamente, a tavola ricreavano l’atmosfera di un tempo, tra qualche lacuna di memoria e tante risate. Perché Melgrati non si era più mosso da Como, prima in zona Comosole, poi vicino al campo del Cittadella, proprio dove suo figlio Fabio, dopo tanti anni da calciatore nei Dilettanti (soprattutto Vasca), è diventato presidente. E dove andava a vedere la nipotina giocare a calcio.

Melgrati è stato una bandiera: 251 presenze in azzurro, due promozioni in serie A, quella del 1975 e quella del 1979, il grande salto dalla C alla A. Aveva giocato nel Como per la prima volta dal 1970 al 1972, poi era andato al Perugia, ed era tornato qui per giocare ancora dal 1973 al 1980. Era un terzinaccio, come lo prendeva oggi in giro Nicoletti, e invece era bello da vedere, elegante, felpato nella sua cavalcata con le “Tepa” ai piedi che quasi accarezzavano l’erba. Per un periodo anche con una chioma beat e le besette fricchettone che cozzavano con il suo carattere silenzioso, riservato, paterno con i giovani compagni che accudiva e proteggeva. Una persona seria, che ogni tanto spuntava al Singaglia a vedere qualche partita. Lo scorso novembre era stato invitato alla cena del Como a Villa Erba tra le vecchie glorie.

La sua carriera nel Como, tutta sostanza, ha avuto anche un momento clamoroso sotto i riflettori: il 16 novembre 1975 fu protagonista e marcatore nella eccezionale vittoria dell’Inter sotto la pioggia per 3-0. I marcatori di quella partita, per i tifosi di allora, erano diventati un breve, allegro scioglilingua: Cappellini-Melgrati-Cappellini. Un tiro in corsa, in contropiede, dopo scambio con Scanziani, in una azione che partì dalla area azzurra, tipica (tra l’altro) del Como di Fabregas. Guardatela su youtube. Tiro da fuori area, a battere Vieri. E la gente che si chiedeva ridendo: «Ma che ci faceva lì, il Melgra?».

L’altro suo gol, ma questo pochi lo ricordano, lo segnò l’anno prima all’Arezzo, nel 2-0 verso la A. Particolarità: lo fece davanti alla Nazionale azzurra, che dopo un allenamento ad Appiano Gentile, assistette al match in tribuna al Sinigaglia, con i giocatori avvolti nei loro impermeabili beige.

Dopo la promozione in serie B del 1979, fece un passo indietro, lassciando spazio ai giovani (Vierchowod soprattutto), restando in rosa come leader in retrovia, capitano aggiunto. Poi il Chiasso a fine carriera. Una figura statuaria, che resterà indelebile nella storia azzurra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA