Gli islamici: «Trattateci da canturini». Il sindaco: «Ma la moschea è abusiva»

Cantù Affollato il consiglio sulla libertà di culto, incentrato sul capannone di via Milano. Don Giusto: «Servono porte aperte alla pace sociale». Galbiati: «Le leggi vanno rispettate»

Un’affollata serata sulla libertà di culto, sui diritti, sull’orgoglio di una tradizione, quella italiana, che considera la diversità religiosa una ricchezza. Tutti d’accordo, sui valori universali. Ma la questione canturina, quella del braccio di ferro sul filo delle leggi urbanistiche che da sette anni contrappone nei tribunali la comunità islamica e il Comune sull’uso dell’immobile di via Milano per la preghiera, s’è fatta prepotentemente strada negli interventi. E su questo, le posizioni restano inconciliabili: «Questa sera – le parole del sindaco Alice Galbiati – ho sentito parlare di tolleranza, di convivenza civile, e io non potrei essere più d’accordo. Faccio però presente che non ci può essere convivenza civile senza il rispetto delle regole e che ogni diritto presuppone una norma che lo regoli. E’ il fondamento della società civile».

Quel capannone, per il Comune, rimane «un luogo di culto abusivo». Solo pochi istanti prima don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio, aveva sottolineato che «cattolicità vuol dire porte sempre aperte, spalancate, preclusione nei confronti di nessuno» anche per questioni di pace sociale, perché «quando ci si incontra, ci si conosce, si è più al sicuro. Quando ognuno sta a casa sua, si è molto insicuri. Dobbiamo vedere nelle aggregazioni una potente forza di coesione del Paese». E ancora «Che Italia vogliamo? Il mondo vuole isolarci, le aggregazioni fanno paura perché se sei aggregato conti di più, hai un pensiero che propone».

Dopo opportuno cambio di sede, giovedì sera si è tenuta nell’aula magna dell’Istituto Sant’Elia in via Sesia la seduta di consiglio comunale aperto sul diritto di culto convocata da Pd, Unire Cantù, CanTù con Noi, Lavori in Corso, Cantù Rugiada e Movimento 5 Stelle, organizzata dal coordinamento Libero Culto. Nelle prime file i consiglieri comunali, dietro di loro una sala gremita. «Negare un diritto fondamentale non è senza conseguenze – le parole del consigliere Vincenzo Latorraca – se neghiamo ad altri il diritto di essere soccorsi in mare, di praticare il culto, potremmo essere noi stessi, domani, coloro che vivono l’affievolimento del diritto».

L’associazione Assalam

Serata che non avrebbe dovuto essere centrata sulla questione moschea, come lui stesso ha rimarcato. Ma sarebbe stato impossibile ignorare l’elefante nella stanza solo fingendo di non vederlo. Per l’associazione Assalam sono intervenute due ragazze, per spazzare via gli stereotipi sulle donne islamiche silenziose e sottomesse. Malek Akkari ha rimarcato che se una comunità non può avere un luogo dove esercitare il diritto di culto, questo è svuotato di ogni sostanza. Salma Hassen ha richiamato la contraddizione di una maggioranza che si dice a favore della liberà religiosa e sfila con striscioni perentori, “Mai la moschea a Cantù”. Parlando di Assalam ha espresso il desiderio di dimostrare che l’associazione merita di essere rispettata e il suo pilastro è «la volontà di sentirsi integrati a Cantù» e in Italia, la «nostra cara Italia».

Tanti e applauditi con convinzione gli interventi, da parte di Antonio Angelucci, docente associato di diritto ecclesiastico all’università dell’Insubria a Como e Samuele Davide Molli, ricercatore all’università statale di Milano; Bruno Magatti di Civitas Como, il coordinatore provinciale del Movimento 5 Stelle Como Raffaele Erba, Cecilia Volontè di Unire Cantù, Federico Bassis di Agesci e Francesca Somaini, neo segretaria del circolo Pd di Cantù.

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