«Troppi ludopatici nel Comasco». I giudici: sale slot aperte solo otto ore

La sentenza Il Consiglio di Stato respinge il ricorso contro la riduzione dell’orario per “giocare”. Studio di Ats Insubria: oltre seimila i giocatori problematici o patologici sul Lario

Nel Comasco la ludopatia è una piaga. E fanno bene i sindaci a intervenire per “ostacolare” l’attività del gioco d’azzardo. In sintesi è questo il senso di una sentenza emessa nei giorni scorsi dal Consiglio di Stato sul ricorso presentato da una società che gestisce una sala slot. La controversia legale - davanti alla giustizia amministrativa - pur se ha riguardato un fatto ben specifico, ovvero il ricorso contro un’ordinanza del 2017 del sindaco di Vertemate con Minoprio, ha un sapore ben più generale. Perché nelle motivazioni i giudici fanno riferimento ai guai legati al gioco d’azzardo di tutto il Comasco.

Il ricorso era stato presentato dalla Fiore Srl, contro la decisione dell’amministrazione di Vertemate di fissare l’orario di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 di tutti i giorni, compresi i festivi, per un totale di otto ore. Secondo la società, che commercializza apparecchiature slot, la decisione andrebbe a ledere i diritti delle attività economiche, ma i giudici del Consiglio di Stato non la pensano così. Anzi.

La piaga ludopatie

«Pur non essendovi una normativa comunitaria specifica sul contrasto alla ludopatia, qualificata dall’organizzazione Mondiale della Sanità come una malattia sociale ed una vera e propria dipendenza - si legge nella lunga e articolata sentenza della magistratura amministrativa - il Parlamento europeo ha approvato nel 2013 una risoluzione nella quale si afferma la legittimità degli interventi degli Stati membri a protezione dei giocatori, pur se tali interventi dovessero comprimere alcuni princìpi cardine dell’ordinamento comunitario come, ad esempio, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi». Il motivo è semplice: «Secondo il Parlamento europeo, il gioco d’azzardo non è un’attività economica ordinaria, dati i suoi possibili effettivi negativi per la salute e a livello sociale, quali il gioco compulsivo (le cui conseguenze e i cui costi sono difficili da stimare), la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro e la manipolazione degli incontri sportivi». E di conseguenza i sindaci «nell’esercitare il potere per definire gli orari di apertura delle sale da gioco e dei locali in cui sono presenti le apparecchiature» sono tenuti a valutare «la prevalenza del bene salute».

I dati di Ats Insubria

A maggior ragione in una realtà come quella del Comasco, in considerazione delle «proiezioni elaborate dal Dipartimento Dipendenze sede di Como dell’Ats Insubria» secondo cui «nella fascia di età 15 – 64 anni si stimava che vi fossero tra i 1.300 e i 4.015 giocatori problematici e tra i 500 e 2.300 giocatori patologici». Ovvero, potenzialmente, oltre seimila comaschi ludopatici.

«La previsione di una limitazione oraria - scrivono quindi i giudici - mira in primis inequivocabilmente a contrastare il fenomeno della ludopatia, inteso come disturbo psichico che induce l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano familiare e professionale, nonché con l’innegabile dispersione del patrimonio personale».

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