Arriva l’inverno, si attiva “Piano freddo”: pronto un letto al caldo per 50 persone

Como Venerdì i primi ingressi nelle strutture cittadine predisposte; cinquanta le richieste avanzate e soddisfatte. Cruciale il ruolo del terzo settore

Adesso hanno un posto sicuro in cui dormire. Sono avvenuti venerdì sera i primi ingressi nelle strutture della città che rientrano nel “Piano Freddo”. Dal 15 novembre 50 nuove persone senza fissa dimora avevano fatto richiesta di accoglienza notturna in città. Scopo del “Piano Freddo” è rafforzare questa accoglienza nel periodo compreso dal 1° dicembre 2023 al 30 aprile 2024.

Intanto è altissimo il ritmo di lavoro dei volontari e degli operatori di quella grande macchina di solidarietà e servizi sociali che si è messa in moto da mesi per garantire una rete di intervento verso la grave marginalità.

Venti persone sono state assegnate al domitorio di via Borgovico, la cui gestione è in carico ai Padri Somaschi. Altre 18 dal primo dicembre si trovano collocate nelle varie parrocchie all’interno del progetto “Betlemme”, mentre le restanti occupano alcuni dei posti letto messi a disposizione alla Piccola Casa Ozanam e al dormitorio di via Napoleona, qui hanno trovato un tetto soprattutto le donne. Tra le strutture coinvolte c’è anche il dormitorio dei Comboniani.

La situazione, rispetto ai numeri, è del tutto in linea con la capacità di accoglienza messa in preventivo dal piano e i posti ad oggi ci sono. Ma dietro ai numeri c’è una complessità di interventi che, da esterni, si fatica a immaginare.

Caso esemplare è l’ufficio del servizio di Porta Aperta di Caritas, che insieme al Comune di Como, alla rete di Vicini di Strada, all’Azienda Sociale Comasca e Lariana e alla Fondazione dei Padri Comaschi è uno dei volti di questa sfida sociale che ogni anno la città è chiamata ad affrontare.

A Porta Aperta il telefono squilla di continuo. Beppe Menafra, il responsabile, insieme ad altri tre operatori e ai volontari, tiene le fila del coordinamento delle richieste. Il servizio è il collo di bottiglia da cui passano tutte le storie e le vite di chi di notte ha bisogno di un ricovero, proprio adesso che il crollo delle temperature si è fatto davvero sentire.

«Le richieste sono state una cinquantina – conferma Menafra – ma non tutte queste 50 persone sono entrate nelle varie strutture. Il motivo è semplice. Alcune di loro si sono rese irrintracciabili e non sappiano se ancora hanno necessità del nostro aiuto. Per la maggior parte delle situazioni invece abbiamo attivato tutto l’iter previsto. Si tratta di organizzare i trasferimenti, consegnare i tesserini di ingresso, far firmare il regolamento delle strutture, registrare le presenze, anche avvalendosi di un software apposito. Insomma la mole di lavoro è parecchia, ma si cerca comunque di accogliere tutti i bisogni».

Un ruolo cruciale nella gestione e pianificazione dell’accoglienza lo svolge da sempre il mondo del terzo settore, potendo contare da anni ormai su una presenza di volontari che è stata in grado di creare relazioni e instaurare fiducia con chi vive il disagio di essere rimasto senza la propria casa.

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