Big in campo alle Europee
«Giusto così, sono un traino»

Verso il voto Dal Pd a Fratelli d’Italia, i leader si candidano come capolista Ma per i referenti comaschi dei partiti non è un “tradimento” degli elettori

Elezioni europee, tutti o quasi i big in campo, salvo poi fare un passo indietro e restare al proprio posto.

Molti commentatori fanno notare che candidare i segretari nazionali per la corsa a Bruxelles non è una strategia corretta nei confronti degli elettori, perché i leader eletti cedono sempre il loro scranno per continuare a guidare i partiti.

Eppure, per esempio, Elly Schlein sarà la capolista del Pd al Centro e nelle Isole, Antonio Tajani guiderà Forza Italia nella quasi totalità delle circoscrizioni, mentre Giorgia Meloni potrebbe sciogliere la riserva domenica. Confermati invece i no per la Lega di Matteo Salvini e il M5S di Giuseppe Conte.

«Non è una novità che i leader di partito si candidino alle europee – commenta Stefano Molinari, coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia -, i partiti nazionali aderiscono ai raggruppamenti europei e vedere i leader nazionali che si assumono questo tipo di responsabilità conferisce alla candidatura un valore importante». Per Molinari il voto alla Meloni rappresenta una «conferma». Certo la presidente del Consiglio, pur avendo la quasi certezza di essere eletta, non diventerà parlamentare europea.

«La decisione di Elly Schlein è una scelta politica legittima – dice Carla Gaiani, segretaria provincia del Pd - che va letta come il tentativo massimo di lanciare in avanti la sfida elettorale per dare un’alternativa forte». E però dentro al partito se ne è discusso a lungo, c’è stata una vera spaccatura, un padre del Pd come Romano Prodi ha parlato di «ferita alla democrazia».

«Sono ormai più di venti anni che le elezioni europee vedono impegnati i leader a “trainare” le liste – dice il comasco Paolo Emilio Russo, capogruppo di Forza Italia in commissione affari costituzionali alla Camera -, leader che, per evidente incompatibilità, poi sono costretti a dimettersi dal Parlamento europeo. Questa distorsione ha due ragioni storiche: il peso crescente delle politiche continentali sulle decisioni nazionali e, soprattutto, il fatto che siano collocate suppergiù a metà legislatura di Camera e Senato, le ha trasformate in una specie di elezione di “mid term” americana». Secondo Russo la candidatura di Tajani è un atto «di coraggio e di servizio».

«La Lega sceglie di non candidare la bandiera – così Laura Santin, segretario provinciale del Carroccio - ma come ben dimostra la candidatura comasca di Alessandro Fermi, ha tutte le intenzioni di portare in Europa persone preparate, determinate e con un forte legame territoriale. Le candidature di bandiera in questo tipo di elezioni certo non stupiscono, ma hanno una finalità evidentemente diversa: richiamare l’elettore per una conferma del consenso, prima ancora che alla democratica scelta del candidato da cui essere effettivamente rappresentati».

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