Como seconda in Italia
per tasso di contagio
Solo Varese fa peggio

Numeri in calo? Sì, ma incidenza altissima. L’epidemiologo: «Il Covid risparmia le province colpite lo scorso inverno. Tante incognite per il Natale»

La pandemia cala, sì, ma in Italia la provincia di Como rimane quella con il tasso di contagiosità più elevato dopo Varese.

Gli esperti si aspettano una discesa lenta fino a fine annocon tante incognite dopo il Natale. È più di una settimana ormai che tutti gli indici Covid sono in diminuzione per effetto del lockdown morbido. Si vede nel numero dei positivi, in modo più lieve sui ricoveri in ospedale e non ancora purtroppo sui tristi decessi.

L’incidenza dei nuovi contagi per ogni 100mila abitanti, almeno guardando alle ultime due settimane comprese tra il 15 e il 29 novembre, ci vede tristemente ancora in testa alle classifiche nazionali. Appena dietro di noi ci sono Belluno e Sondrio, territori in cui il contagio preoccupa rispetto alla popolazione residente.

Questione di immunità

Tra i territori più colpiti ci sono anche alcune province del Piemonte, del Trentino e del Friuli, restando in Lombardia c’è Monza nelle prime dieci posizioni, più sotto Milano. In fascia arancione Lecco, Mantova, Pavia e Lodi, in coda in verde Cremona, Brescia e Bergamo. «Sì, i territori più colpiti in primavera oggi hanno un contagio basso perché sono più immunizzati - spiega il professor Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’università degli studi di Milano -. Al contrario a Como e a Varese adesso il virus che ha trovato più possibilità di trasmissione. Detto che noi conosciamo i positivi perché facciamo i tamponi, ma il numero reale delle persone che hanno incontrato il Covid è molto maggiore. Comunque nell’ultima settimana, da una decina di giorni, assistiamo ad un livellamento anche nell’area insubre. Meno rapido e marcato rispetto a quanto visto a maggio, perché questo secondo lockdown è più morbido, non è rigido come quello attuato ovunque ad inizio anno. Dunque mi aspetto un calo progressivo e lento, non netto, almeno fino alla fine dell’anno. Poi però si aprono molte incognite ed è difficile fare previsioni».

La Vecchia sottolinea altri due aspetti. Il primo è che le terapie intensive lombarde hanno sostanzialmente retto all’urto della seconda ondata. Il secondo è che il drammatico bilancio dei decessi di novembre (453 a Como), è comunque paragonabile a quanto accaduto a marzo. Quando il conteggio dei decessi per Covid era meno puntuale e quando comunque qualche centinaio di comaschi anziani non è riuscito a superare la malattia.

Un ritorno inaspettato

«Ciò che accadrà all’inizio del nuovo anno dipenderà sicuramente dai nostri comportamenti individuali e collettivi durante le feste di Natale - dice ancora il professore - e dunque dalle misure di contenimento. Bisognerebbe però anche valutare la stagionalità. Il Covid è un virus respiratorio che si diffonde meglio durante l’inverno, le famose goccioline cadono meno rapidamente con il freddo rispetto al caldo dell’estate. Nei singoli territori c’è inoltre da comprendere la reale diffusione del virus e dunque il tasso d’immunizzazione della popolazione. L’altra incognita è l’arrivo del vaccino, se a livello europeo ed italiano già a gennaio riusciremo a difendere i più deboli oppure no. Gli interrogativi sono tanti. La verità è che una seconda ondata tanto forte ad ottobre se la aspettavano in pochi. Dopo i contagi asintomatici estivi c’è stato un appiattimento a cui è seguita un’esplosione purtroppo sorprendente».

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