Delitto di via Giussani, 3 anni di sconto: premio per aver rinunciato al ricorso

Condanna definitiva I difensori dell’omicida sfruttano le agevolazioni della riforma Cartabia. A Omar Quarenzi poco meno di 17 anni di pena per aver accoltellato a morte Giuseppe Mazza

È definitiva da oggi la condanna di Omar Querenzi, 33 anni di Albiolo, per l’omicidio di Giuseppe Mazza, nato a Mantello in Valtellina ma con una vita trascorsa tra Rebbio e Breccia. Delitto avvenuto in via Giussani a Como l’11 agosto 2022, mentre la vittima si trovava all’interno della propria auto.

L’arresto e la condanna

Il processo si era svolto con il rito abbreviato. La difesa, con gli avvocati Denise Canu e Pasquale Saggiomo, dopo essersi consultata con l’imputato, ha deciso infatti di non ricorrere in appello nonostante non condividesse diversi passaggi delle motivazioni di condanna a 20 anni in primo grado, soprattutto quelli in merito alla recidiva che era stata contestata oltre che sulla capacità di intendere. La scelta è stata dunque di altro tipo, agevolata dalla Riforma Cartabia che ha inserito lo sconto di un sesto della pena per chi, dopo aver scelto l’abbreviato, rinuncia a ricorrere di fronte ai giudici di secondo grado. Quindi, Querenzi con questa decisione potrà contare su una riduzione sulla condanna complessiva quantificabile in 40 mesi, scendendo dunque di oltre tre anni.

Il caso sul delitto di via Giussani, che due anni fa sconvolse la città per le modalità in cui fu attuato, con la morte di un uomo che l’imputato non conosceva e che aveva incontrato per caso lungo il proprio cammino, è dunque chiuso.

«Rabbia rivendicativa»

Nelle motivazioni della condanna di primo grado firmate dal giudice Massimo Mercaldo, il movente dell’omicidio era stato fatto ricadere sul «desiderio di vendetta e di farla pagare alla collettività che lo aveva respinto», rabbia che fu anche il «cemento delle azioni criminose dell’imputato». Una «rabbia rivendicativa», «scaricata contro persone deboli» che Querenzi, quella stessa mattina dimesso dall’ospedale Sant’Anna dove invece riteneva di dover essere ricoverato e curato, aveva scagliato contro le persone che via via incontrava, compreso due bambini ed un’altra persona adulta che – poco prima di Mazza – fu colpita al collo con coccio di bottiglia ma che si salvò per miracolo.

L’imputato, condannato a 20 anni in abbreviato, era infatti stato chiamato a rispondere anche del tentato omicidio di quest’ultimo. E proprio la mancata conferma del ricovero in ospedale, secondo il giudice, aveva fatto nascere quel sentimento di rivendicazione, «sentendosi respinto», che aveva innescato la devastante reazione in un giovane che già soffriva di disturbi. Mazza fu la vittima innocente di questa azione criminale, colpito «con un movimento rapido, mentre si trovava sul sedile della propri auto», colto di sorpresa e «di spalle».

La difesa invece, con gli avvocati Saggiomo e Canu, aveva a lungo battagliato sostenendo lo stato di alterazione psicofisica dovuta in buona parte alla «grave intossicazione da abuso di sostanze stupefacenti» ma anche alle patologie psichiche aventi caratteristiche tali da farle inquadrare in vere e proprie psicosi. La difesa aveva anche puntato il dito sulla recidiva, visto che i trascorsi giudiziari dell’imputato erano «risalenti nel tempo, ben dieci anni prima, e ascrivibili solo al contesto familiare».

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