Il falso avvocato non la spunta. Condannato anche in Appello

La storia Radiato dall’Albo, aveva ricevuto lo stesso la cliente in un fast food. Sentenza confermata: dovrà pagare 800 euro di multa e risarcirne 22mila

L’accusa era quella di aver esercitato la professione di avvocato senza averne i requisiti, dunque in modo abusivo. Per la precisione, quell’uomo distinto che riceveva però i clienti – in modo oggettivamente insolito – al McDonald’s di Lainate, la professione di legale l’aveva esercitata davvero, ma era anche stato radiato dall’Albo con una decisione del 5 novembre 2001. Insomma, il 27 luglio 2017 quando la storia venne a galla in seguito ad una denuncia querela della vittima (una signora settantenne comasca) fatta direttamente in Procura a Como, l’uomo non avrebbe potuto praticare la professione.

La ricostruzione

Nacque da qui il capo di imputazione che portò alla condanna in primo grado, poi confermata questa settimana anche dai giudici dell’Appello di Milano. La pena decisa dal giudice Valeria Costi, accolta anche dai colleghi meneghini, era stata di 800 euro di multa, con anche il risarcimento del danno alla parte lesa (rappresentata dall’avvocato Gianluca Giovinazzo) quantificato in 22.750 euro, ovvero i soldi che la signora comasca aveva versato nel tempo a quello che avrebbe dovuto risolverle le pratiche legali. Le indagini tra l’altro avevano poi permesso di scoprire che lo stesso avvocato era stato condannato in precedenza da un altro tribunale per la stessa tipologia di reato. È questa, insomma, la decisione presa a carico di Antonio Preiti, originario della Calabria ma con studio – a suo dire, ai tempi dei fatti – a Milano. Tutto era nato dai problemi della vittima con l’Agenzia delle Entrate di Como, originati da una successione risalente al 1998. Vicenda cui avevano fatto seguito delle iscrizioni ipotecarie di Equitalia su due proprietà.

La donna, non sapendo come muoversi e fidandosi di alcuni amici, aveva così contattato un avvocato del foro di Monza, chiedendogli cosa si potesse fare e ricevendo in cambio delle ampie rassicurazioni, sia in merito all’Agenzia delle Entrate sia su Equitalia. La donna finì quindi nelle mani dell’avvocato poi condannato, che non riceveva a Milano – dove aveva dichiarato di avere lo studio – ma al McDonald’s di Lainate, dicendo di farlo per una maggiore comodità della cliente che in questo modo non avrebbe dovuto entrare in Milano. Sarebbe stato lui insomma a firmare i ricorsi tributari, cosa che tuttavia non avrebbe potuto fare.

«Solo un consiglio legale»

L’avvocato aveva anche confessato alla donna, ai tempi degli incontri al fast food, di avere conoscenze di spicco in ambito tributario. L’uomo, va detto, si è sempre dichiarato con forza innocente, facendosi anche interrogare da pm e giudici. Ha sempre sostenuto che la donna, che conosceva molto bene, le aveva solo chiesto un consiglio legale e che lui si era permesso di darle delle indicazioni, un parere personale e non professionale, essendo stato in passato avvocato. Il giudice di primo grado, tuttavia, non gli aveva creduto arrivano a condannarlo e a disporre il risarcimento del danno in favore della donna comasca, sentenza ora confermata anche in Appello.

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