Il voto in condotta? «La scuola deve educare, giusto mantenerlo»

La polemica Dopo le polemiche sui ragazzi di Rovigo che avevano sparato pallini contro una docente: Per i presidi comaschi è una valutazione importante

Ha ancora senso assegnare il voto in condotta? La vicenda degli studenti di Rovigo che avevano sparato pallini contro un’insegnante e sono stati promossi con il nove in comportamento ha sollevano numerose polemiche.

Al di là del giudizio di merito, ci si interroga sui valori che il voto dovrebbe premiare o sanzionare e sul suo ruolo nella scuola di oggi. È uno strumento utile per valutare gli studenti anche negli aspetti più sociali, o è un retaggio, fin dal nome, di una scuola un po’ deamicisiana, inadeguato a descrivere la complessità dei ragazzi di oggi?

«La scuola non è soltanto istruzione»

«Oggi si parla di voto di comportamento, non più solo di condotta, quindi gli elementi sono parecchi: puntualità a scuola, impegno costante, modo di relazionarsi ai compagni etc. – spiega Roberto Peverelli, dirigente dell’Istituto Carcano -. Oggi ci sono una serie di aspetti che hanno rilevanza, perché hanno a che fare con modi di stare con gli altri e nel mondo. La scuola deve portare la propria attenzione anche sugli aspetti educativi, non solo sull’istruzione. Che sia un numero o un giudizio scritto poco importa, entrambi restano molto difficili da attribuire, ma dobbiamo affrontare questo tema come un’occasione».

Parere favorevole da parte di Gaetana Filosa, preside dell’Istituto Da Vinci-Ripamonti: «Gli insegnanti sono chiamati a conoscere il vissuto dei ragazzi, è la base delle relazioni personali. Noi non stiamo riempiendo di nozioni dei contenitori, ma formando dei cittadini. In quest’ottica trovo importante anche il voto di educazione civica, che deve essere scisso dai contenuti tecnici. Sono d’accordo sulla formulazione di un giudizio da accompagnare al voto, che da solo non può racchiudere la storia di una persona, ma che rimane comunque importante e non a caso fa media».

«Occorre dare una formazione globale»

Per Angelo Valtorta, preside del liceo Volta, occorre ridare importanza al ruolo educativo della scuola: «Gli studenti passano cinque ore al giorno per sei giorni alla settimana all’interno di una struttura, perciò la scuola è chiamata a dare una valutazione sul loro agire. Possiamo chiederci: il voto deve mettere in luce gli aspetti negativi o quelli di crescita positivi? Ma sul fatto che il voto ci debba essere, è la conseguenza delle competenze educative degli istituti. È bene chiarire che quando si parla di educazione la famiglia sta a monte e la scuola non deve sostituirsi, piuttosto essere un importante supporto. Però bisogna considerare che le scuole non sono aiutate dal contesto esterno: la figura del docente è svalutata, sia sotto il punto di vista economico che concettuale, non ha più prestigio sociale come in passato».

«La scuola è chiamata a dare una formazione globale della persona – il commento di Vincenzo Iaia, preside dell’istituto Ciceri -. La didattica deve essere accompagnata da una crescita sociale e relazionale, che può avere esiti positivi o meno. Durante i consigli di classe ogni docente fa le proprie osservazioni sul singolo studente per cercare di capire la sua condizione. Penso che escludere il voto di comportamento sia rischioso, abbiamo a che fare con persone non con macchine».

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