Un comasco residente a Gerusalemme: «La famiglia di mia moglie in pericolo»

La testimonianza Dominique vive da tre anni in Israele e parla di una città in stato di choc: «Qui tutto è tranquillo, ma negli sguardi delle persone c’è una grande tristezza comunitaria»

In Israele vivono 9 milioni di persone, un numero sufficientemente basso da permettere a Dominique de Bernardi, di origini comasche ma residente da tre anni a Gersalemme, di dire che «tendenzialmente credo che non ci siano più di due gradi di separazione tra ciascuno di noi abitanti di Israele e almeno una delle persone morte, ferite o rapite in questi giorni».

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La testimonianza di Dominique de Bernardi da Gerusalemme. Video

La testimonianza della durissima crisi che sta colpendo Israele e la Striscia di Gaza arriva anche grazie alle parole di un comasco, nato a Claino con Osteno, che a Gerusalemme vive e lavora come consulente finanziario, insieme alla moglie israeliana Shani. «Questo è un momento molto doloroso per tutto il Paese - racconta Dominique - proprio oggi (ndr. ieri per chi legge) sono stato con mia moglie al ristorante e c’erano diverse persone arabe: qui a Gerusalemme viviamo da sempre in sintonia con la popolazione di religione musulmana».

Il pensiero del comasco va in particolare alla famiglia della moglie, che vive nel kibbutz di Be’eri, a sud del Paese, area al centro della violenza scatenatasi in questi giorni, dove le forze armate di Hamas sono arrivate e hanno fatto strage di civili: «I parenti di Shani si sono barricati in casa dalle sei del mattino alle sei di sera. Sentivano i mitra, le grida... è davvero difficile anche vedere certi video e certe immagini».

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Durante la chiacchierata con Dominique, in video chiamata, si vede alle sue spalle un quartiere residenziale tranquillo: i bambini giocano al parco, le auto passano, anche se non frequentemente, qualcuno fa jogging. È il tempo sospeso di un conflitto che strappa il Paese lungo i bordi, mettendoli a ferro e fuoco. «Siamo molto uniti in questo momento - continua Dominique - quando cammini per strada e guardi i tuoi concittadini negli occhi vedi nei loro sguardi una tristezza comunitaria. Lunedì io e mia moglie siamo scappati nel rifugio, al suono delle sirene, ma i missili sono stati bloccati dall’Iron Dome, un sistema di difesa che circonda Israele».

«Ci sono molti atti di gentilezza»

Dominique però non ha intenzione di tornare in Italia, nemmeno dopo le sollecitazioni dei parenti: «Questo è il luogo in cui vogliamo vivere. Oggi a Gerusalemme, nonostante tutto, ci sentiamo al sicuro». Ma lo choc c’è e non si può ignorare, anche se alcune aree della città sono ancora piene di turisti, non è possibile dimenticare quello che sta accadendo tra Israele e la Striscia di Gaza.

«Non è un confronto netto tra ebrei e musulmani però - precisa Dominique - nel quartiere dove vivo ci sono tantissime persone arabe di religione musulmana. Le prime vittime degli attacchi sono stati gli stessi beduini arabi del deserto; i razzi hanno colpito importanti moschee. Ora a Gerusalemme non vedo ostilità tra ebrei e musulmani, ma molti atti di gentilezza». Mentre Dominique racconta, il cielo sopra Gerusalemme è illuminato da un sole autunnale che brilla tra gli alberi. I missili sembrano qualcosa di lontanissimo. Ma ci sono e sotto le loro esplosioni, da una parte e dall’altra, le persone muoiono. «È davvero triste quello che sta accadendo, una tragedia senza pari».

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