Nove anni sotto accusa, assolti in cinque. Due sono comaschi: non ci fu nessuna frode fiscale da 700mila euro

La sentenza Il Tribunale: inesistenti le accuse agli amministratori di una società comasca. Indagine iniziata nel 2014. L’imputato: «Sono stati anni di inutile sofferenza e discredito»

A leggere la sentenza con la quale il Tribunale di Milano ha assolto con formula piena - nonostante la prescrizione - cinque imputati legati a un’asserita frode fiscale da 700mila euro con protagonista una società comasca, c’è da chiedersi come sia stato possibile impiegarci nove anni per chiudere il caso.

La sentenza

E dunque partiamo dal fondo, dall’assoluzione e dalle parole del giudice: «Non può dirsi ragionevolmente provato il dolo» sull’accusa di sottrazione fraudolenta «al pagamento dei tributi» anche perché quei tributi «in gran parte non erano dovuti e comunque non vi era consapevolezza del debito erariale» perché non noto. E ancora: «Non vi è adeguata prova neppure della sussistenza stessa sotto il profilo fattuale o giuridico delle condotte distrattive contestate». E infine: manca del tutto pure la «condotta di illecita estero vestizione» ed è «insussistente» il reato di evasione fiscale in merito alla cessione di brevetti per «la sostanziale assenza di valore venale della cessione» stessa.

Fin qui le parole del giudice. Ma di cosa parliamo, esattamente? La vicenda coinvolge cinque imputati, rimasti sotto accusa per nove lunghi anni prima dell’assoluzione: l’avvocato comasco Adamo De Rinaldis, il commercialista con studio a Como Giovanni Di Costanza, Corrado Sacerdote, di Lugano, Giancarlo Carpani, liquidatore di Rho, e Akin Barbaros Birsen, imprenditore turco residente a Milano.

L’intera vicenda nasce da una segnalazione di operazione bancaria sospetta per dei bonifici partiti dalla OEM srl di Como verso una società di diritto maltese. Ne era nata un’inchiesta che aveva portato a sospettare giri illeciti sul trasferimento dall’Italia alla Svizzera di una multinazionale turca, la Vestel Italy, diventata successivamente Oem. Vicenda complicata anziché no e, invero, pure tecnica.

Basti dire che al termine di un processo con decine di testimoni il giudice ha ricostruito in modo diametralmente opposto all’accusa della Procura di Como (pm Bellù) e dalla gdf. E cioè: il gruppo Vestel, multinazionale turca che si occupa di produzione e vendita di elettrodomestici, ha deciso di liquidare la filiale italiana «in quanto» la verifica della Finanza «aveva portato alla impossibilità di operare», nulla a che vedere quindi con il «solo di volersi sottrarre al pagamento delle imposte, che la società ha sempre pagato».

I commenti

Amaro il commento di uno degli imputati, il commercialista Di Costanza (difeso dagli avvocati Andrea Marcinkiewicz di Como e Antonio Iorio): «L’aspetto che lascia perplessi è che il Tribunale di Milano, anche dietro richiesta del Pubblico Ministero, ha fondato la sentenza di piena assoluzione per tutti gli imputati sugli stessi elementi documentali a disposizione degli inquirenti sin dall’inizio delle indagini. Resta così l’amarezza: forse si sarebbero potuti evitare anni di inutile sofferenza personale e di grave discredito professionale».

L’avvocato Giuseppe Sassi, difensore del collega De Rinaldis, dice invece: «La sentenza altro non ha fatto se non recepire quello che noi dicevamo fin dall’inizio. A tale risultato si è giunti dopo un’istruttoria ampia ed esaustiva, che se fosse stata anticipata alle fasi precedenti avrebbe evitato il produrre il rinvio a giudizio stesso».

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