Ragazzi rimandati con il 6 in condotta: «Sì, ma per aiutarli»

Istruzione Presidi e insegnanti comaschi tutti d’accordo. Si possono inasprire le conseguenze del comportamento purché ci sia spazio anche per un percorso educativo

Inasprire le conseguenze di un voto in condotta negativo? Sì, ma a patto che sia previsto anche un percorso educativo che porti i ragazzi a comprendere i propri errori e a rimediare.

È questo, in sintesi, il pensiero che accomuna presidi e professori comaschi, alla luce del disegno di legge per la riforma del voto in condotta che sarà applicata dal prossimo anno scolastico, dopo che l’iter in Parlamento sarà concluso.

Tra scuola e famiglia

I ragazzi che avranno un voto inferiore al 6 potranno essere bocciati e quelli con il 6 rimandati a settembre. Solo coloro che otterranno 9 o 10 in condotta avranno diritto al massimo dei crediti scolastici, influenzando il voto finale di maturità. Anche alle medie, il voto in condotta espresso in decimi avrà il proprio peso.

«La mia opinione è che indipendentemente dal criterio, la condotta ha ricadute sul percorso formativo che non si limita a un voto, ma necessita di un accompagnamento educativo – precisa Massimiliano Branchini, preside dell’Ic di Albate -. Perciò ritengo che il compito della scuola sia quello di far comprendere l’errore e indicare il percorso di rieducazione. Se manca questo a mio avviso risulta poco efficace. Poi nei casi estremi può essere anche prevista la bocciatura, ma sempre in un’ottica formativa. Per aiutare a crescere. Alla base di tutto è fondamentale l’alleanza scuola famiglia che, in questo caso, va costruita e condivisa al momento della segnalazione del problema e non solo alla fine dell’anno».

«In linea di principio la riforma può essere positiva, ma non ci può essere solo la parte che funge da deterrente – chiarisce Angelo Valtorta, preside del Volta -. Serve accostare un progetto educativo da parte della scuola. Ogni istituto si deve dare una progettazione: bisogna vedere nei singoli anni di corso cosa è stato attuato per l’educazione civica, che metta in atto comportamenti positivi che vadano a incidere o dei correttivi. La norma dà l’indicazione generale, come viene applicata dipenderà dalla griglia di valutazione degli istituti e dal curricolo verticale di educazione civica dei consigli di classe».

«Nelle scuole ci sono difficoltà crescenti a mantenere comportamenti corretti da parte degli studenti – ammette Roberto Peverelli, dirigente scolastico del Setificio -. Lavorare precisando meglio le nuove fattispecie di comportamenti scorretti può essere utile. Chi prende 6, comunque, vive e agisce un malessere a scuola, serve dare una risposta che non è studiare educazione civica, ma magari essere coinvolti in attività».

Crescere ed educare

Sulla stessa linea anche i professori. «Credo che, piuttosto che punire con il voto in condotta, sia necessario lavorare sui comportamenti positivi da seguire - è l’opinione di Valentina Romano, docente di italiano e latino al Giovio -. Ci deve anche essere coerenza, uniformità tra le varie istituzioni scolastiche nell’assegnare i voti di condotta». «Penso che l’idea di pesare l’esito della carriera di uno studente anche con voto di condotta/comportamento possa essere utile per responsabilizzare i ragazzi – aggiunge anche Emiliano Puddu, prof di fisica alla Magistri -. Servono però, come sempre, gli strumenti per fare crescere ed educare gli studenti. Per esempio sarebbero da potenziare, a mio avviso, tutte le attività di supporto dello studente come psicologi e pedagogisti della scuola».

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