Lugano punta sull’aeroporto: «Così siamo tornati a volare»

Focus Il municipale Filippo Lombardi e la rinascita dello scalo ticinese, di proprietà pubblica e con i conti in ordine: «Abbiamo perso i voli di linea per colpa delle compagnie. Ma il core business è legato all’aviazione d’affari»

Si può parlare di una nuova vita per l’aeroporto di Lugano? Sembra proprio di sì, considerando gli ultimi passaggi che riguardano lo scalo e che vedono superate le nubi tempestose fino a tre anni fa. Il municipale Filippo Lombardi ci conduce nell’impegno della Città per questo scalo - che può e vuole giocare un ruolo nel futuro del territorio - e nei suoi frutti. Anche per quanto riguarda l’indotto.

Facciamo un passo indietro. L’aeroporto è stato minacciato da un periodo travagliato.

Ha attraversato parecchi anni molto difficili, dopo la messa in liquidazione della vecchia società anonima di gestione che era una società comunque pubblica perché l’aeroporto è partecipato dal Cantone e dalla Città di Lugano. Quest’ultima ha ripreso in proprio la gestione, per cui ora è un aeroporto municipale a tutti gli effetti e tutti i collaboratori sono dipendenti comunali. Questa è una fase in cui siamo riusciti a raddrizzare le sorti finanziarie dello scalo: nella vecchia formula perdeva molto e questo non andava più bene ai cittadini e ai politici. Da quando ho preso il dossier – adesso sono tre anni – siamo riusciti a invertire la curva e realizzare utili operativi. Questa è stata la prima cosa per tranquillizzare chi temeva che con le imposte dei poveri vecchietti delle nostre valli dovessimo finanziare l’aeroporto per i ricchi. Era importante dimostrare che l’aeroporto sa stare in piedi anche economicamente.

Questo è il fondamentale lato economico della questione, ma non è l’unico, giusto?

Come seconda cosa dal punto di vista dell’operatività il 2019 è stato l’anno dell’addio dei voli di linea e gli ultimi due per noi erano importanti, Ginevra e Zurigo. È stata una decisione non dell’aeroporto evidentemente, ma delle compagnie aeree e in particolare di quella di bandiera, la Swiss appartenente al gruppo Lufthansa, che ha fatto una sua politica di abbandono dello scalo. Abbiamo dovuto fronteggiare questo addio e quello alla società anonima di gestione del Lugano Airport Sa. Il risanamento finanziario abbiamo potuto farlo puntando con decisione sulla business aviation. Lugano si è ripresa molto bene così e ha anche mantenuto le sue attività di scuola volo, degli elicotteri e dei charter turistici. L’essenziale della cifra d’affari viene però dalla business aviation.

La pandemia, come ha inciso sulle attività dello scalo?

Ha aiutato, nel senso che chi poteva si è permesso un aereo che magari prima non prendeva, acquistando anche con formule di leasing o di gruppo, perché ci sono comunità di proprietari di aerei. Questo perché preferiva questa formula a quella dei voli di linea. La pandemia ha aiutato in generale nello sviluppo dell’aviazione privata, non solo Lugano.

Dopo questa fase, come intendete però muovervi? Cosa farete da qui in avanti?

La politica cittadina rimane dell’opinione che un giorno dovremmo poter riavere dei voli di linea, in ogni caso verso Ginevra e forse anche verso Zurigo. Ma li fanno le compagnie aeree. Noi siamo pronti a garantire le condizioni, come pure quelle favorevoli per l’aumento dei voli charter o per le introduzioni di questi voli a decollo verticale. Questo concetto dei vertiporti che interessa anche Malpensa e probabilmente altre realtà del Nord Italia. Siamo aperti a questi sviluppi, ma ce li devono portare le compagnie.

Ciascuno deve fare il suo, insomma?

Esatto. Deve rimanere questo equilibrio tra chi mantiene all’altezza dei tempi le infrastrutture - ciò che stiamo facendo e cercheremo di fare nei prossimi anni -, l’ente pubblico, e chi invece sviluppa le attività, le compagnie private. Detto questo, le prossime tappe per Lugano Airport consistono nella messa a punto della nuova scheda Psia (piano settoriale dell’infrastruttura aeronautica), un masterplan che deve essere concordato con l’Ufficio federale dell’aviazione. Quello attuale ha infatti ormai un quarto di secolo e dev’essere sostituito. La seconda priorità dev’essere l’introduzione delle procedure di avvicinamento satellitare (ora abbiamo quello strumentale): ci permetterà di migliorare di parecchio le condizioni di lavoro dell’aeroporto, anche le condizioni meteorologiche avverse. Da ultimo, rinnovare la concessione federale che scade a fine luglio 2026. Stiamo lavorando su questi tre assi. Il consiglio comunale ci ha dato sostanzialmente l’ok per proseguire lungo questa strada, abbandonando il concetto che dominava nel 2020… per cui si doveva o chiudere l’aeroporto o cederlo chiavi in mano al primo gruppo privato che si fosse presentato, perché la città si riteneva non fosse in grado di gestirlo, o gestirlo senza perdite.

Timori che oggi si sono dissolti, nella politica e nell’opinione pubblica?

Abbiamo dimostrato che questa paura non c’è più. La città è in grado di gestire senza fare perdite e adesso lavoriamo su questi tre capisaldi, per essere pronti a partire dal 2026 a collaborare con investitori privati che volessero investire in hangar e altre infrastrutture aeroportuali. Constatiamo con soddisfazione che il peggio sembra essere alle spalle. Anche la politica locale sembra capire l’importanza dell’aeroporto e il ruolo che l’ente pubblico – in questo caso la Città di Lugano - deve mantenere, pur cercando collaborazioni in partenariato pubbliche privato per certi investimenti. Constatiamo anche una maggiore accettazione da parte dalla popolazione. Probabilmente gli anni bui che hanno fatto temere la chiusura dell’aeroporto, portano ad avere più comprensione per il fatto che qualche piccolo rumore molesto si può anche accettare per avere una struttura importante e funzionante. È pur vero che i velivoli sono sempre meno rumorosi e più ecocompatibili. Noi per la scuola di volo di Lugano abbiamo già preso il primo velivolo elettrico su cui gli allievi stanno facendo la formazione. Siamo abbastanza fiduciosi che ci sarà ulteriore sviluppo verso gli aviogetti a propulsione elettrica, a quel punto a rumore zero. Ma anche quelli a propulsione tradizionale sono sempre meno rumorosi. Ho anche voluto differenziare le tasse a Lugano in modo che gli aerei più rumorosi paghino un sovraprezzo. Infatti questa categoria sta scomparendo.

Quindi si può parlare di una nuova vita o è eccessivamente ottimistico?

Sì, ricordo la campagna di tre anni fa contro l’aeroporto e la pressione per chiuderlo. L’aeroporto non è morto, anzi sta conoscendo una nuova vita e siamo molto fiduciosi sugli sviluppi ulteriori.

Il che significa indotto e posti di lavoro.

Sì, non è tanto il volo di linea che porta centinaia di passeggeri, ma passeggeri qualificati. I posti di lavoro sono anche quelli delle società che vi operano, fanno manutenzione, scuola volo, servizio elicotteri. E poi l’aspetto della business aviation è anche questo: scelgono Lugano come regione per comprarsi la villa e portare le loro aziende. Già, ci sono aziende che ci dicono: finché abbiamo la possibilità di mantenere l’aeroporto di Lugano, manteniamo il quartier generale qui. Se chiudesse, aggiungono, dovremmo spostare la nostra sede.

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