Tra le nuove sfide della Svizzera c’è l’inflazione

L’approfondimento Il rafforzamento della moneta sta inevitabilmente creando ostacoli per l’industria, soprattutto in tema export. E intanto si cerca di puntare con più decisione sull’asset dell’accoglienza, che necessita di interventi strutturali

L’inflazione accompagna il cambio d’anno abbassando un poco la testa, il franco invece la tiene ben sollevata: così il 2023 offre in dote vecchie e nuove sfide all’appena aperto 2024. Dove la valuta è se non l’ago della bilancia, elemento chiave.

Gli sguardi vanno infatti a puntarsi in gran parte lì. Con il rafforzamento della moneta, gli ostacoli per l’industria, così naturalmente tesa all’export, sono ben visibili. Tuttavia, si può leggere questo terreno delicato anche in un’altra ottica: un modo per spronare il mondo delle imprese a rigenerarsi, sempre, con azioni ad hoc sui. mercati. Finora, va detto, questa indicazione sussurrata dalla realtà è stata seguita.

In questo periodo, uno studio Raiffeisen mette in luce proprio quanto sia frenante la forza del franco svizzero per l’industria. Il 2023 ha portato avanti la tendenza al rialzo, l’economia delle esportazioni, però, non ha lanciato un Sos: è tutto stato abbastanza indolore fino all’estate, anche perché si è assistito a inferiori costi di approvvigionamento, a maggior ragione considerando merci importate, e così gli aumenti salariali sono stati minori rispetto ad altre aree valutarie.

Fredy Hasenmaile, economista capo di Raiffeisen, la vede così: «A lungo termine il franco tende sistematicamente verso l’alto, anche al netto dei prezzi. Questa situazione mantiene alta la pressione sui settori nella concorrenza di prezzo internazionale».

Poi il rallentamento dell’economia mondiale, le tensioni internazionali e le preoccupazioni hanno preso slancio insieme alla valuta.

Ma è scattata, appunto, anche la reazione. Raiffeisen vede come strategia di sopravvivenza adottata da,gli esportatori svizzeri di diversi settori quella di spostare le attività in segmenti di prodotti con una maggiore creazione di valore. Differenziarsi, la parola d’ordine, e l’hanno scandita in particolare le aziende del settore orologiero e farmaceutico. Le prime, spostandosi sui modelli di lusso a livello internazionale, con la Cina che ha alimentato molto la domanda. Le seconde hanno promosso vigorosamente l’offerta di prodotti di alta qualità e qui hanno risposto ottimamente gli Usa. Chimica e strumenti di precisione hanno dimostrato simile capacità di reazione, a differenza di carta, vetro, legno e mobili: questi ultimi hanno così dovuto subire perdite di quote di mercato, in Europa soprattutto.

Un campanello d’allarme già acceso, ribadisce lo studio del gruppo bancario, che significa una progressiva deindustrializzazione della Svizzera: c’è, da tempo, ma questo potenziale buio non si mostra per via della luce fortissima del comparto farmaceutico. Di fatto, la crescita dell’economia svizzera sarà inferiore alla media, ossia pari all’0.8 per cento, nel 2024.

Questo mentre la per ora “domata” inflazione nel 2024 scenderà all’1.5 per cento nella media annua.

Ma c’è un’altra partita fondamentale che sarà svelata dal 2024: i tassi d’interesse.

Raiffeisen prevede questo: fino all’estate la Banca nazionale svizzera «riteneva molto probabile una prosecuzione in settembre della sua politica di marcato aumento dei tassi». Poi il calo di pressione sui prezzi dall’estero e le oscure previsioni congiunturali per la Svizzera, al che «ha tuttavia abbandonato a sorpresa l’inasprimento preventivo, lasciando il tasso di riferimento all’1.75 per cento».

Secondo gli esperti, il picco del ciclo dei tassi è raggiunto, anzi a lungo termine superato. Ecco perché le prospettive di un livello del tasso di riferimento della Bns inferiore a quanto originariamente previsto hanno fatto scendere i tassi a lungo termine.

Questo, cosa comporterà per il futuro? L’idea è che a causa della debolezza della congiuntura, la Banca centrale europea abbasserà di nuovo i tassi di riferimento. Ma una riduzione della differenza dei tassi rispetto all’Eurozona accrescerebbe di nuovo la pressione di rialzo sul franco. Di qui la prospettiva che si apre: avverrà un primo abbassamento dei tassi da parte della Bns entro la fine del 2024. Una salvaguardia, anche, dell’export elvetico.

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