Intervista a Maria Anghileri di Eusider Group. «L’azienda è la community dove valorizzare i talenti»

Maria Anghileri, quarta generazione al vertice di Eusider Group, realtà lariana leader nel settore siderurgico. «Ho imparato ad Harvard quanto sia importante premiare il merito delle persone che collaborano con noi»

«È meraviglioso capire quali talenti sono a disposizione della comunità e dell’azienda per un risultato condiviso». Maria Anghileri, Chief Operating Officer di Eusider Group - tra le principali realtà italiane nel settore della siderurgia - fa parte della quarta generazione della famiglia alla guida del gruppo ed è vicepresidente nazionale Giovani Imprenditori Confindustria, intervenuta quest’anno all’assemblea dei Giovani Imprenditori di Confindustria Como e di Confindustria Lecco e Sondrio.

Qual è stato il percorso che le ha permesso per entrare nell’azienda di famiglia?

È stato un processo graduale che, dal termine degli studi e attraverso anche esperienze al di fuori dell’azienda, mi ha portato ad essere pronta per un primo ingresso. Ho avuto la fortuna di poter entrare in un Gruppo che ha sempre espresso risultati positivi dalla sua fondazione nel ’79, ho cercato quindi di inserirmi in quello che di buono è stato fatto, ascoltando le persone competenti. Proprio l’ascolto è stata la chiave per poi cercare di disegnare obiettivi utili all’azienda, senza rinunciare alle mie idee e a quella spinta innovativa che pensavo di poter imprimere. Alla fine di un percorso, poi il proprio spazio lo si deve anche ricercare perché nelle aziende di famiglia del nostro Paese non ci sono, di solito, percorsi strutturati per la successione e questo può essere un difetto. L’aspetto positivo è però che ci si può ritagliare lo spazio che si vuole e ci sono infiniti margini di miglioramento.

Con quale formazione iniziale?

Il primissimo ingresso è stato nell’ufficio legale perché la mia professione è avvocato. Dopo aver svolto la pratica legale ed esercitato per tre anni, sono stata inserita nella collocazione che più era coerente con il mio percorso. In seguito ho avuto modo di mettermi alla prova nei diversi dipartimenti. In particolare nel settore delle risorse umane e in quello dello sviluppo software per l’installazione di un nuovo sistema operativo. Da quell’ambito mi sono poi occupata di logistica e infine dell’area finanziaria dove ora si concentra il mio lavoro.

Cosa suggerisce, in base alla sua esperienza, alle aziende familiari che devono affrontare un passaggio generazionale?

Tanto ascolto, esperienze diverse e infine trovare il proprio ruolo e spazio sono i suggerimenti per i giovani in ingresso. Il consiglio è di sperimentare il più possibile: è un processo che richiede tempo per essere preparato e va accompagnato. Di fondo però dovrebbe prevalere il principio della meritocrazia, ed è quello che da sempre è stato perseguito in famiglia. Con questa premessa ci si costruisce passo passo, con diverse esperienze di studio e di vita, un proprio profilo. Ma è un processo in itinere perché all’inizio, il primo giorno di università, non avevo le idee chiare di cosa avrei voluto fare. Mi sono occupata di diritto societario, quindi sono entrata in contatto con le imprese. Il rapporto in famiglia era ottimo e, dialogando insieme, abbiamo pensato che il mio ingresso sarebbe stato positivo, anche per l’azienda. La decisione è maturata così, con una progressione logica. Riconosco che è stato molto utile aver fatto esperienze di studio e di lavoro al di fuori dell’azienda di famiglia. Questo mi ha permesso di avere una visione diversa e più ampia. Anche mio fratello, 10 anni fa, prima del suo ingresso nell’impresa di famiglia, ha svolto diverse esperienze lavorative in altre aziende. Possiamo dire che è una prassi che ci sentiamo di consigliare, ma non esiste una procedura corretta a prescindere e per tutti i casi.

Una volta compiuto l’ingresso in azienda, è stato difficile farsi riconoscere un ruolo all’interno dell’organizzazione?

No, ma le medaglie non si conferiscono a priori, piuttosto si conquistano sul campo. Per intenderci i titoli di studio sono i prerequisiti necessari, ma non sufficienti: la propria posizione si guadagna con il lavoro di ogni giorno. Le persone, nel tempo, riconoscono la competenza, la capacità anche di sacrificio e il valore del proprio lavoro. Così, poi, quando viene loro mostrato un obiettivo utile da raggiungere, la prima cosa è mettersi in ascolto. Sono infatti entrata in un gruppo già strutturato con persone molto competenti e ancora una volta ascoltare è stata la chiave più opportuna per capire e quindi, solo in un secondo momento, cercare di disegnare obiettivi utili all’azienda.

Qual è la cura che avete in azienda per le risorse umane?

È meraviglioso sentirsi parte di un progetto e capire quali talenti sono a disposizione della comunità e dell’azienda per un risultato condiviso. Ho imparato ad Harvard che è importante saper riconoscere alle persone che lavorano con noi i loro meriti e valorizzarli. Negli Stati Uniti si dà grande rilievo a un valore comune inteso come il diritto alla felicità. In particolare ad Harvard insegnano a perseguire un profitto “giusto”, adeguato e che lasci spazio e risorse perché sia possibile riconoscere i contributi delle persone, il loro valore. In una società fortemente meritocratica, in linea di principio, il ruolo dei collaboratori è tenuto in altissima considerazione.

Qual è la spinta innovativa che confida di poter imprimere e in quali progetti si traduce?

Il nuovo stabilimento da poco inaugurato a Ostiglia utilizzerà, per i trasporti, la via d’acqua Canal Bianco, con una conseguente sensibile riduzione di CO2. Si tratta di una canale artificiale navigabile tutto l’anno che collega lo stabilimento ai porti dell’Adriatico di Marghera e Chioggia. Il vantaggio è soprattutto in relazione alle materie prime che acquistiamo, in questo modo si riduce drasticamente il trasporto su gomma e quindi le emissioni inquinanti. Confidiamo di sviluppare sempre più il trasporto via acqua. Il terreno è stato acquistato 10 anni fa e da poco abbiamo completato la realizzazione di 50mila metri quadrati coperti. su una superficie totale di 1 milione di metri quadrati di proprietà. La decisione di questo investimento è stata lungimirante e la posizione al confine tra Emilia, Veneto e Lombardia è strategica.

Quali sono le vostre politiche di recruitment?

Naturalmente l’headquarter del Gruppo resta a Lecco dove è nato e dove continueremo a investire. È stato infatti appena terminato un ampliamento significativo del centro di Cesana Brianza e proprio per questo polo stiamo cercando collaboratori: siamo alla ricerca di personale sia per la produzione che per gli uffici del territorio lecchese.

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