Ferriera di Dongo, da duemila operai a 70 addetti: «Ma ora il paese ha scelto il turismo»

Storia Per decenni ha rappresentato un punto di riferimento per l’occupazione dell’alto lago. Con l’acquisto della multinazionale cinese, i numeri sono precipitati. Anche per la pandemia

Sembrava imprescindibile, per il territorio, l’attività produttiva della ferriera, che negli anni d’oro dava lavoro ad oltre 2 mila operai e che ancora negli anni ’90, quando era stata acquisita dal gruppo Casti, ne assorbiva circa 800.

Sulla base dei numeri è come se lo stabilimento non esistesse più: da cinque anni, da quando cioè è stato rilevato dalla multinazionale cinese Elecpro International investment holding, nessuno ne parla più e anche a livello sindacale non si registrano provvedimenti o prese di posizione.

La ripartenza

“Isotta Fraschini”, che produceva testate di motori d’auto col sistema del lost-foam, cinque anni fa era ripartita con un organico di circa novanta dipendenti, destinato ad incrementarsi fino ad almeno 200 nel giro di qualche anno. La pandemia ha sicuramente condizionato le sorti del nuovo corso della ferriera, che attualmente conta tra 60 e i 70 dipendenti, chiamati a lavorare in maniera saltuaria: si attende un certo numero di ordini, insomma, e si mette in azione la fonderia, che in questa fase è attiva da due mesi. «Non c’è ovviamente paragone con l’attività del secolo scorso – ammette il sindaco di Dongo, Giovanni Muolo – ma anche se in forma ridotta, la produzione viene portata avanti ed è comunque positivo». Nel piano industriale presentato dagli imprenditori cinesi c’era anche un impegno di 2 milioni di euro a favore dell’ambiente; non è stato possibile interpellare in merito il direttore dello stabilimento, Renato Begnis, ma nel circondario non si sono più levate lamentele e proteste per fumi e odori. L’attività ridotta non contribuisce affatto ad ingigantire il problema, ma evidentemente anche da parte della proprietà non è mancato l’impegno.

Dongo e il territorio, in ogni caso, hanno dovuto fare di necessità virtù. L’economia locale, per ben più di un secolo legata in maniera assoluta alla ex Falck, sta assumendo un’impronta più turistica: sono in previsione, proprio a Dongo, due importanti alberghi di prestigio, uno dei quali proprio nell’ex porto dello stabilimento, e un altro nell’area appena a monte del lido.

Gli alberghi

In entrambi i casi gli artefici sono imprenditori tedeschi: «Per quanto riguarda l’area dell’ex porto, la proprietà sta provvedendo a compiere l’iter della bonifica, condizione essenziale imposta prima di qualsiasi altra operazione – riferisce ancora il primo cittadino – . Nell’altro comparto dello stabilimento dismesso, quello della ghisa, un gruppo di artigiani locali sta completando un progetto di insediamento artigianale».

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