La beffa della Regina: persi almeno due mesi

Variante Tremezzina Grande attesa per l’incontro del 23 aprile di Anas. Mentre c’è chi teme persino il pericolo della rescissione

Il fermo (quasi) totale dei lavori ai due portali della variante della Tremezzina è capitato al culmine di una “tempesta perfetta”, in cui - per rimanere alla stretta attualità - i materiali del portale nord di Griante (contaminati con l’arsenico) avrebbero dovuto viaggiare verso sud incrociandosi con quelli del portale sud (contaminati con idrocarburi) diretti verso nord. La domanda che ora in molti si fanno è, al netto di quanto verrà deciso (o meno) il prossimo 23 aprile a Roma durante il vertice voluto dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, una sola ovvero quando potranno riprendere i lavori di scavo. Fermo restando che in attesa che gli eventi facciano il loro corso, la smobilitazione di una larga parte del cantiere la prossima settimana proseguirà in particolare al portale di Colonno.

Detto che al momento i tempi tecnici attuali per la ripresa di eventuali scavi sono attestabili dai due mesi in su (questo perché in caso di intesa sul conferimento del materiale di scavo andrebbero anzitutto rimodulati i singoli prezzi del conferimento stesso), la risposta è una sola e cioè che il Consorzio Sis riprenderà la singole lavorazioni solo e soltanto quando avrà una prospettiva a lungo termine di produzione media efficace cioè redditizia.

Ma qui si innesta un altro problema, che - sin dal 29 novembre 2021 - è risultato il principale problema legato ai due portali della variante ovvero la cantierizzazione delle opere. Questo perché, con la Regina di mezzo - senza poter allontanare il materiale di scavo (o smarino) in modo celere e redditizio - gli utili si assottigliano a beneficio delle perdite. Si tratta di un tema centrale nelle dinamiche dell’infrastruttura, reso ancor più rilevante dal fatto che il Consorzio Sis si è assicurato i lavori della variante avendo come criterio premiale i 5 anni e 2 mesi per terminare l’opera.

Ma per tenere questi ritmi occorrerebbero tempi celeri e siti già ben definiti per il conferimento dei materiali di scavo. Le vicende legate però agli idrocarburi ed all’arsenico hanno completamente rimescolato o meglio stravolto le carte in tavola.

Lontano dei microfoni c’è chi in queste ore convulse ha paventato scenari cupi legati ai concetti di rescissione (che in dote porta comunque il riconoscimento del 10% del dovuto all’impresa, dunque circa 40-41 milioni di euro) o della risoluzione, a queste condizioni però molto difficile da perimetrare.

Ecco perché martedì a Roma potrebbe essere trovata una soluzione temporanea quale ad esempio la riclassificazione dei materiali di scavo, trattandosi comunque di idrocarburi e arsenico del tutto naturali. Il concetto di fondo è che sarebbe auspicabile non trattare più questi materiali come “rifiuto”, con tutto ciò che oggi ne consegue. Il perno su cui ruotano (anche in futuro) i lavori della variante della Tremezzina resta sempre la cantierizzazione dei lavori stessi, con prima fra le priorità il fatto di poter allontanare senza indugio il materiale di scavo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA