Lo storico barista Poncia non molla e ci racconta le caratteristiche del turismo altolariano: «Cliente sacro, ma che pazienza»

Gravedona L’analisi delle difficoltà e dei lati positivi di chi gestisce ogni giorno un esercizio pubblico

Con i suoi 81 anni è il decano dei baristi altolariani e il suo storico locale, il bar “Poncia”, è tuttora meta dei clienti di sempre.

Durante la pandemia Gaetano Poncia vinse 49 mila al lotto e, nonostante non fossero tempi favorevoli per alcuno, decise di destinare buona parte di quella somma a chi aveva bisogno, dando un contributo anche alle parrocchie di Pianello del Lario, per l’oratorio, e di Gravedona, per convento di Santa Maria delle Grazie.

Un gesto che la dice lunga sulla filosofia di vita dell’esercente gravedonese, che in questi mesi ha assistito alle polemiche e diatribe fra baristi e clienti, a partire da quella del toast del bar Pace di Gera diviso in due per 2 euro.

«Ogni episodio ha una storia a sé e non è facile giudicare da fuori – esordisce – . Nella mia lunghissima attività di titolare di un esercizio mi sento semplicemente di dire che il cliente è sacro. Non a caso il sottoscritto non sta più dietro il bancone da un po’ di anni, da quando, forse per l’avanzare dell’età, è diventato più scorbutico».

Dietro il bancone ci sta la moglie, che si alza sempre all’alba per servire il caffè ai clienti più mattinieri: «Negli anni si è creato un rapporto di familiarità con i nostri clienti – prosegue Poncia – . C’è chi ci porta la frutta e la verdura dell’orto, chi il formaggio nostrano. E poi i pensionati si siedono e stanno delle ore a parlare di tutto. Il mio bar continua ad essere soprattutto un luogo di ritrovo, dove nessuno ti mette fretta se hai già consumato il caffè e ti trattieni ancora».

A difesa della categoria, però, Poncia elenca una serie di situazioni che metterebbero a dura prova la pazienza di chiunque: «La toilette viene usata in maniera spesso impropria dai clienti di passaggio e occorre pulirla accuratamente più volte al giorno. Anni addietro – racconta il barista – è persino capitato che un avventore non uscisse più, con la coda fuori in attesa; si era spogliato e lavato da capo a piedi al lavabo. Non parliamo poi dello spreco di carta igienica. Dal bancone spariscono decine e decine di bustine di zucchero e i salatini non sono mai abbastanza. A volte, insomma, certe scelte di imporre una tariffa anche per ciò che sembra dettaglio sono del tutto comprensibili e chi fa questo mestiere lo può capire».

Durante la pandemia anche Poncia venne contagiato dal Covid e rimase venti giorni in ospedale in condizioni critiche. Un’esperienza che, una volta di più, gli ha fatto capire quanto sia importante soprattutto la salute: «Con la salute occorre coltivare i rapporti umani – aggiunge – ed è per questo che io e mia moglie continuiamo a tenere aperto il bar».

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