«Noi, una vita da pescatori
Insieme al lago che cambia»

Tremezzina: Giulio Fraquelli, 75 anni e il figlio Simone sono tra i più esperti. «Siluri e cormorani sono i nostri nemici in acqua, la burocrazia a terra»

“Pess che nass a riva ghe n’è pioe”. Nel canale dell’isola Comacina, il sole che sorge e man mano prende forza e calore regala giochi di luci e ombre senza eguali. La voce dal timbro inconfondibile, che riecheggia nella stretta viuzza che porta al lago, è quella di Giulio Fraquelli, 75 anni portati con piglio deciso, 61 dei quali con in tasca una licenza da pescatore professionista.

Il “Giuli pescadùu” è un’istituzione sul Lario, con citazione d’obbligo anche per la moglie Gianna (vederla filettare, con precisione chirurgica, i persici pescati poco prima è un inno alla gioia). Una passione e un lavoro trasmessi ora al figlio Simone, “Scifo” per tutti. Quella lapidaria dichiarazione pesa - e parecchio - sul presente e in parte sul futuro del lago, perché oggi gli equilibri sono cambiati e i repentini saliscendi del Lario hanno inciso purtroppo anche sulle dinamiche della riproduzione dei pesci.

Vittime illustri i lavarelli, per i quali il lago che batte in ritirata senza preavviso - nel nome di dinamiche che poco c’entrano con quelle dei paesi rivieraschi - ha avuto effetti devastanti. Ma nel gioco di luci e ombre del canale dell’isola e della Zoca de l’Oli c’è anche spazio per nuovi raggi di sole, perché Giulio Fraquelli, rammendando una rete per i persici pronta per essere calata nel tarda pomeriggio, conferma che «la percezione è che tra due massimo tre anni i lavarelli torneranno, magari non con i numeri del passato, ma torneranno».

E questo è di per sé uno spot di assoluto valore per il Lario e per la nobile arte della pesca professionale. Ieri, qualche minuto prima delle 6, per “La Provincia”, Simone “Scifo” Fraquelli, classe 1974, ha riportato sulla barca, dietro l’isola Comacina, una “persichiera” - molto più efficace la dizione dialettale, ovvero “perseghèra” - di una settantina di metri, la rete per i persici (pesce nobile del lago) che si trovava ad una ventina di metri di profondità. «E’ andata abbastanza bene - spiega -. La rete è come uno specchio. Più trasparente e limpida è più i pesci rimangono impigliati». Il discorso s’interrompe per qualche istante. «È tutto un gioco di correnti. In questo tratto la rete è melmosa. Sono settimane che combattiamo con la fioritura delle alghe. Qui pesci non ce ne sono - spiega, mostrando le maglie che alghe e melma hanno tinto di verdastro - Qui invece sì, la rete è tornata pulita ed ecco i persici. Non è un mestiere semplice il nostro e non è una frase fatta. La burocrazia e le leggi, spesso non facili da interpretare, hanno cambiato il nostro lavoro, che non è più solo lago e pesci. Poi ci sono fattori esterni. Nel canale dell’isola Comacina abbiamo contato più di quaranta cormorani, che arrivano a ingurgitare oltre 3 etti a testa di pesce al giorno».

Non solo. «E poi ci sono i nuovi “inquilini” - continua - Parlo dei siluri. Giovedì ne ho pescato uno in Alto lago di un metro e 20. Da qualche tempo, i siluri si sono trasformati da un “peso” - al di là dei danni che provocano - anche in un’opportunità per sperimentare nuove ricette. E qui il mio grazie va allo chef Paolo Lopriore del ristorante “Il Portico” di Appiano Gentile, con cui è nata una bella collaborazione e grazie al quale anche le specie meno nobili hanno riacquistato prestigio e valore in tavola. Cito anche il ristorante “Momi” di Blevio, che al siluro come opportunità per la cucina sta dedicando grande attenzione».

Alle 7.30 il telefono dello storico laboratorio vicino a casa Fraquelli squilla di continuo: persici, lavarelli, agoni, anguille che ancora sbattono nelle casse di polistirolo si preparano a prendere la via di case, ristoranti, locali. La Gianna accenna ad un sorriso mentre filetta il persico. Il Giulio, finito di preparare le reti, scruta il cielo. “Incoo dopumesdè l’è bona”, bel tempo e niente vento. E un’altra giornata di pesca finisce e, qualche ora dopo si ricomincia daccapo. «Il lago merita stima e rispetto. E’ il nostro mondo e la nostra vita», chiosa Simone Fraquelli, annunciando qualche ora di sonno dopo due giorni e mezzo senza inizio né fine. (Marco Palumbo)

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