La prima assemblea verso la fusione di Ronago e Uggiate. Tanti dubbi e richieste

L’incontro Folla alla serata informativa a Ronago. Ipotesi sulla scuola: «Pochi i bambini per nuove classi. L’unione servirà per migliorare i servizi nei due paesi»

«Il nuovo Comune: chiamiamolo Ramina»: è la battuta di Felice Grisoni, uno dei circa cento partecipanti alla prima assemblea organizzata dalle amministrazioni di Ronago e di Uggiate per presentare alla popolazione la proposta di fusione comunale.

O forse proprio battuta non era, bensì la raffigurazione di un nome – simbolo della storica rete transfrontaliera: «Siamo due paesi di confine ed abbiamo sempre considerato il confine non come divisione, ma come opportunità», è la conclusione dell’intervento di Grisoni che ha posto domande molto concrete sul futuro di Ronago unito ad Uggiate. Per esempio, che cosa succederà dell’ufficio postale, dell’asilo, della biblioteca, dell’ambulatorio.

Le prospettive

«Il Comune di Ronago non è fallito»: ha sottolineato il sindaco, Agostino Grisoni, presentando il progetto di fusione ed ha messo in evidenza, come farà poi il sindaco di Uggiate Rita Lambrughi, che si tratta di una proposta, da sottoporre a referendum popolare. Un paese in declino demografico, ha analizzato; i servizi rischiano dunque alti costi e poca efficienza.

«A Ronago – ha spiegato – nascono sette - otto bambini ogni anno: la scuola non potrà stare in piedi e tuttora su 52 bambini che frequentano l’asilo, la metà viene da fuori. Aumenta la popolazione anziana. La fusione permetterà di non chiudere servizi scolastici e di potenziare quelli dedicati agli anziani». Ha descritto il bilancio ed ha rimarcato come la sua amministrazione abbia cercato di difendere pubbliche utilità e di portarne altre, insieme all’Unione Terre di Frontiera. «Io non propongo la fusione per diventare il sindaco del Comune unico – ha proseguito - Io propongo la fusione per migliorare i servizi che già abbiamo e per realizzarne altri, per gestire due territori contigui con la tutela ambientale e la qualità della vita, con maggiori risorse e minori spese».

Maria Giuliana Brambilla, tra l’altro, ha insinuato sul «grande affare della fusione», insinuazioni respinte con determinazione.

«Ma quali sono i rischi ?», ha chiesto Alessio Merlo. « La paura di perdere l’identità, le tradizioni del proprio paese - ha replicato Rita Lambrughi – Poiché è una fusione solo amministrativa, nessun paese perderà le proprie caratteristiche e i propri punti di riferimento». Ciascuna località avrà un pro – sindaco: risposta data a Mario Chiavenna che ha rilevato come il nodo principale consista nel campanilismo. Niente da perdere, secondo i sindaci, tutto da migliorare, tante cose da fare insieme, con una visione unitaria e la fusione non si fa solo per ricevere 7,5 milioni in dieci anni come “premio” ai Comuni unificati.

«Non diventiamo periferia»

«E come investirete tutti questi soldi?», ha chiesto Filippo Violetti. «È ragionevole pensare che si potranno ridurre le imposte – ha detto il sindaco Grisoni – Lasciamo spendere quei soldi a chi verrà. Ma dalle piste ciclopedonali, agli impianti sportivi, all’ambulatorio, alla biblioteca, ai servizi sociali quanti progetti potrebbero decollare». E i servizi di trasporto? «Non abbiamo nemmeno un autobus per l’ospedale», ha notato Luciano Cantaluppi. Ma Uggiate ha istituito un servizio – navetta al proprio interno. Chissà mai che nel Comune unico si possa estendere. «Dateci almeno una parafarmacia», ha chiesto Antonella Cavallaro. Ma, secondo i sindaci, nessuno intraprende attività se non c’è ritorno economico dove i residenti sono pochi e i passanti ancora meno.

Domande e risposte da un paese che vuol vivere. Non vuol più essere periferia, non vuol diventare un’altra periferia.

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