Plinio, che sorpresa i resti della sua villa

Nell’anno del bimillenario della nascita a Bacoli spuntano, sotto un ecomostro demolito, parti di murature di quella che doveva essere la residenza dell’autore della “Naturalis Historia”

In quale villa romana Plinio il Vecchio soggiornò e studiò le sue ultime carte, gettò un ultimo sguardo al Vesuvio e al pennacchio di fumo e lapilli che ne emergeva pericolosamente, prima della morte durante l’eruzione che rase al suolo Pompei, Stabia ed Ercolano? Forse dopo tante ipotesi e congetture si è arrivati a un punto di svolta.

Il bimillenario della nascita dell’illustre comasco corona il rapporto tra il Lario e la Campania, già da tempo consolidato anche per opera dell’Accademia Pliniana di Como e del comitato nazionale delle celebrazioni, grazie a una scoperta archeologica importante, annunciata pochi giorni fa dalla Soprintendenza Archeologica per l’area metropolitana di Napoli. In occasione dei lavori di rigenerazione urbana del Comune di Bacoli, è stato avviato un progetto di recupero e valorizzazione dell’area occupata in precedenza da un autentico ecomostro abusivo che impose anche l’intervento della guardia di finanza, l’ex Lido Piranha (nome che è tutto un programma), poi abbattuto.

Archeologia contro malaffare

Si può dire, insomma, che l’archeologia è utile anche per risanare un territorio malato dall’invadenza del malaffare. Infatti, mentre si lavorava all’area pubblica da adibire a vialetto di accesso e parco giochi, sono emersi i resti di quella che si è rivelata subito essere una monumentale villa romana, databile intorno al I secolo d.C. Sarebbe, il condizionale è d’obbligo, il luogo che ospitò l’erudito lariano Plinio il Vecchio in qualità di ammiraglio della flotta del Miseno proprio durante la tragica eruzione del Vesuvio del 79.d.C. in cui trovò la morte.

La famosa lettera

La fonte primaria è letteraria, come sanno anche gli studenti liceali, ossia la famosa lettera allo storico Tacito (la sedicesima del sesto libro) del nipote del Vecchio, Plinio il Giovane, in cui racconta della tragica morte dell’augusto parente, che Italo Calvino definì lucidamente «protomartire della scienza sperimentale». Ma finora il totovilla - in una fascia costiera, peraltro, irta di residenze nobiliari di epoca romana - imperava. E invece la fortuna aiuta gli audaci Indiana Jones campani. L’area suddetta, su cui si indaga peraltro fin dal 2021, era già stata sottoposta a tutela da vincolo archeologico ministeriale per la densità di evidenze antiche disseminate nelle immediate prossimità di Punta Sarparella, dall’accesso al teatro romano di Misenum, al Collegio degli Augustali, al bacino interno del porto antico. Ora, come detto, dalle ceneri dell’ecomostro Piranha che fu in funzione per oltre 20 anni, dal 1982 (anche con un attracco per yacht che modificò in modo importante quel punto di costa), e abbattuto nel 2007, è venuto alla luce un promettente gioiello archeologico.

Si stava lavorando, dopo il dissequestro dell’area colma di rifiuti e sterpaglie, alla relativa bonifica e alla realizzazione di una villa comunale. Qui, come spiega l’archeologa della Soprintendenza incaricata delle indagini Simona Formola, «sono emersi i resti di quella che si è rivelata subito essere una monumentale villa romana, databile con certezza intorno al I secolo d.C.». La villa romana su Punta Sarparella, che risulta realizzata con i classici blocchi di tufo secondo la tecnica utilizzata soprattutto a partire dalla prima metà del primo secolo avanti Cristo, si estende fino alla spiaggia e prosegue fino ai fondali antistanti per molte decine di metri quadrati. Si sta parlando di un’area di circa duecento metri quadrati.

Nel corso di questa fortuita indagine primaria sono stati individuati una decina di ambienti di grandi dimensioni con diverse fasi edilizie, e vari piani di calpestio e tracce di rivestimento murario. Che delle strutture si conservassero in quella zona della costa di Bacoli, in effetti era già risaputo da alcune foto storiche di inizio Novecento e da annotazioni e da studi più recenti già pubblicati a fine anni Settanta dello scorso secolo. «L’ipotesi, ancora da verificare, che su Punta Sarparella fosse ubicata la residenza del Prefetto della Flotta, si basa sulla circostanza che quel luogo offrisse, per la sua posizione, la massima visibilità dell’intero bacino portuale e un’ampia veduta sul Golfo intero; sarebbe stato proprio questo il promontorio dal quale Plinio il Vecchio, che ricopriva la carica di “Praefectus classis Misenensis”, avrebbe visto l’eruzione del Vesuvio, e poi sarebbe salpato alla volta di Stabiae, per soccorrere gli abitanti delle diverse città costiere, minacciate dall’eruzione vesuviana», dice l’archeologo Alessandro Luciano del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Finora presso la villa non sono stati trovati reperti, rivela ancora l’archeologo Luciano, ma se ne emergeranno dal terreno non andranno probabilmente al Mann napoletano ma al Museo del Parco archeologico dei Campi Flegrei. Come detto, siamo solo all’inizio di una grande avventura degna di Heinrich Schliemann. La “Rivista di studi pliniani”, diretta da Luciano, nel prossimo numero di primavera darà ampio spazio alla scoperta della villa di presunta appartenenza pliniana, dopo avere in un precedente saggio già annunciato l’ipotesi che fosse stato nel primo secolo dopo Cristo proprio quel promontorio ad ospitare la struttura che ora potremmo chiamare pliniana.

Le prossime indagini

Adesso inizia la fase più delicata ed avvincente: si dovrà scavare ben oltre lo strato superficiale finora sondato per capire, della villa, l’esatta articolazione e lo sfruttamento degli spazi dell’intervento abitativo sul litorale di Bacoli. Infatti, come annuncia la responsabile della Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’area napoletana Simona Formola, «si è tuttora in attesa di valutare un progetto di scavo estensivo della villa, che possa comprendere anche le strutture sommerse e semisommerse lungo la linea di costa. Siamo ancora, va sottolineato, in una fase del tutto embrionale. Di fatto da quanto abbiamo visto finora ci aspettiamo una villa su più livelli, si presume almeno tre, e siamo facilitati dal fatto di lavorare su un’area di proprietà pubblica. Un dato di cui siamo certi è la datazione: la villa è dell’epoca del comasco Plinio il Vecchio, primo secolo dopo Cristo».

Probabilmente non sarà possibile trovare il citofono con il nome del Vecchio scritto sopra, ovvero la pistola fumante, in termini meno volgari un’epigrafe che ne segnali la presenza sul promontorio. Mai dire mai, comunque, perché peraltro sarebbe plausibile trovare indizi sulla proprietà della villa durante l’epoca della presenza pliniana a Bacoli. Ma la suggestione è già notevole anche per la comunità scientifica: la villa è considerata probabilmente quella di Plinio il Vecchio anche ora, in attesa di più approfonditi accertamenti.

Molto più probabile che la residenza dell’ammiraglio sorgesse a Punta Sarparella, rispetto alla vicina Punta Pennata, dove già altre evidenze archeologiche erano state messe alla luce, ma di minore rilievo. Come si è visto, a Bacoli, tra fine 2023 e inizio 2024, è tutto un fervere di attività di studi e ricerca attorno al Plinio campano presso capo Miseno. Già si lavora alle prossime tappe della ricerca che non è solo sulla terraferma ma anche sott’acqua. L’assessore alla Cultura e all’Ambiente di Bacoli, Mariano Scotto di Vetta, annuncia infatti: «Il prossimo convegno pliniano a Bacoli, previsto per il mese di maggio, sarà l’occasione per presentare in anteprima i risultati dei sondaggi subacquei che abbiamo commissionato a un esperto archeologo sotto lo specchio d’acqua antistante la villa comunale. Per noi è un grande motivo d’orgoglio avere risanato un’area dove tutto fa pensare alla presenza di Plinio il Vecchio».

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