Quando i “libri” erano di argilla

Viaggio nella culla della civiltà, la Mesopotamia del IV millennio a. C. Prima vennero le “bullae” con finalità puramente contabili e poi le tavolette su cui fu scritto un poema epico per spiegare l’origine della scrittura stessa

In Mesopotamia, nella seconda metà del IV millennio, ci fu la “rivoluzione urbana”, un concetto elaborato da Gordon Childe, nacquero le prime città e la scrittura. Questa rapida accelerazione compiuta in pochi millenni portò alla nascita della città e dello Stato, con i due poli dominanti del tempio e del palazzo, come espressioni del potere delle neonate élite regali e sacerdotali, sedi dell’amministrazione centrale.

La rivoluzione delle tecniche agricole portò alla produzione di un’eccedenza alimentare da immagazzinare e da gestire in forma centralizzata. Si creò una netta bipartizione dello spazio fra campagna e città. La prima divenne sede delle comunità locali, produttrici di cibo, mentre la seconda delle grandi organizzazioni coinvolte in attività di servizi, gestione, scambio e redistribuzione delle eccedenze. E poi la rivoluzione nella rivoluzione fu la nascita della scrittura, verso il 3300 a.C., che determinò l’inizio della storia a Uruk, considerata la prima città del mondo. Vennero erette mura cittadine, pensiamo che Uruk, che si estendeva per 70 ettari, aveva mura lunghe 9 km e i suoi abitanti raggiungevano le 30.000 unità, una cifra assolutamente rilevante per la fine del IV millennio.

Qui, nel IV livello dell’area sacra dell’Eanna, furono ritrovati i più antichi documenti scritti al mondo, di natura amministrativa, le prime tavolette di argilla con segni pittografici dai quali deriverà la successiva scrittura cuneiforme. Accadde tutto in pochissimi secoli nel Vicino Oriente, chiamato per questo la «culla della civiltà». La scrittura nacque per motivi pratici, questioni di contabilità, per registrare transazioni economiche, come risposta alla complessità amministrativa e commerciale della città. La produzione di beni primari, determinata da un lavoro sempre più specializzato generava delle eccedenze alimentari, che dovevano essere immagazzinate e redistribuite.

Tenere i conti

Come illustra la tesi proposta dalla Schmandt-Besserat, in una fase aurorale della civiltà mesopotamica troviamo i “calculi” o “tokens”, piccoli oggetti d’argilla modellati con diverse forme, contrassegni che corrispondevano a unità di calcolo di un determinato bene. «Un contrassegno di forma conica significava una piccola misura di grano, una sfera significava una misura più grande di grano e un cilindro significava un capo di bestiame». Questi “tokens” erano una forma di contabilità primitiva, per tenere i conti di beni scambiati o posseduti. In un secondo momento i “tokens” vennero conservati in “cretule” di argilla, dette anche “bullae”, una sorta di tasche. Sopra queste “bullae” veniva impresso il sigillo dell’amministratore che garantiva l’integrità del contenuto e ne stabiliva la provenienza. In una fase ancora successiva, sopra le “bullae” vennero stampigliati i “tokens” contenuti all’interno, così che fosse possibile conoscere il contenuto senza aprire la sacca.

Queste impressioni dei “tokens” sulle “bullae” sono già dei documenti proto amministrativi che preludono alla nascita della scrittura. Fu proprio questo passaggio che portò a comprendere che, una volta stampigliato il contenuto della merce sulla “bulla”, non fosse necessario inserire anche i “tokens” all’interno. Le prime impressioni di “tokens” sulla “bulla”, dunque, rappresentano una forma di protoscrittura su una superficie di argilla. Avvenne così che la superficie della “bulla” divenne piana, la tavoletta sulla quale gli scribi iniziarono a incidere segni, con uno stilo di canna (“gi-duba” in sumerico), i primi ideogrammi pittografici per rappresentare gli oggetti della realtà.

A Uruk nel IV millennio si parlava il sumerico, una lingua agglutinante simile per alcuni tratti solamente a due lingue della Siberia orientale attualmente in via d’estinzione. La scrittura cuneiforme si diffuse in tutto il Vicino Oriente, tra il Mediterraneo e il Golfo arabo-persiano e tra l’Anatolia e l’Egitto, per oltre 3000 anni, dalla fine del IV millennio fino al I secolo d.C. e quando fu abbandonata il suo funzionamento cadde nell’oblio. Sebbene gli studiosi siano concordi nel sostenere che la scrittura nacque per esigenze amministrative, un mito mesopotamico suggerisce una diversa tesi. Si tratta del poema epico “Enmerkar e il Signore di Aratta”, che narra la storia della supremazia della città di Uruk su quella di Aratta in Iran, e ci racconta l’invenzione della scrittura.

«Il messaggero aveva la “lingua pesante”, non era capace di ripeterlo; / Poiché il messaggero aveva la “lingua pesante”, e non era capace di ripeterlo, / il signore di Kullab [Uruk] impastò l’argilla e vi incise le parole come in una tavoletta; / - prima nessuno aveva mai inciso parole nell’argilla - / ora, quando il dio sole risplendette, ciò fu manifesto: / il signore di Kullab incise le parole come in una tavoletta, ed esse furono visibili. / Il signore di Aratta, dall’araldo, prese la tavoletta lavorata artisticamente; / il signore di Aratta scrutò la tavoletta: / - la parola detta ha forma di chiodo, la sua struttura trafigge -, / il signore di Aratta scruta la tavoletta lavorata artisticamente». (traduzione di G. Pettinato)

Enmerkar re della I Dinastia di Uruk, secondo la Lista Reale sumerica, avrebbe regnato subito dopo il Diluvio (forse nonno materno di Gilgamesh), fu colui che, secondo questa tradizione, eresse la cinta muraria di Uruk. In questo poema non si raccontano guerre, ma si narra di una disputa fra due sovrani, compiuta attraverso l’andirivieni di un araldo, che porta messaggi fra i due re. Enmerkar in questa disputa vuole imporre la superiorità di Uruk rispetto ad Aratta, poiché è la città preferita della dea Inanna, patrona della città e detentrice della regalità divina. Pertanto Enmerkar è deciso a sottomettere il regno di Aratta con la protezione e il consenso di Inanna. Con lo svolgersi della storia e dei numerosi viaggi compiuti dal messaggero, la complessità della disputa di fa tale che l’araldo non è più in grado di ricordare l’articolazione dei messaggi che deve consegnare. Così Enmerkar inventa la scrittura come ausilio mnemonico.

Una straordinaria e potente “techne” la scrittura, sulla quale però Platone, molti secoli dopo, nel “Fedro” ci mette in guardia rispetto al rapporto fra scrittura e memoria. Con il racconto di Socrate del mito di Theuth, sostiene la superiorità dell’oralità rispetto alla scrittura: «La scoperta della scrittura avrà per effetto di produrre la dimenticanza nelle anime di coloro che la impareranno, perché fidandosi della scrittura, si abitueranno a ricordare dal di fuori mediante segni estranei, e non dal di dentro da se medesimi». Attraverso la scrittura «diventeranno conoscitori di opinioni invece che sapienti».

Non è un caso che i Sumeri, inventori della scrittura cuneiforme, attribuiscano questa invenzione a un mitico re proprio della città di Uruk, dalla quale provengono i più antichi testi scritti ritrovati. Le prime tavolette utilizzavano una scrittura pittografica, pittogrammi che riproducevano schematicamente le cose del mondo. D’altronde l’uomo ben prima della scrittura ha desiderato le immagini, si è espresso per immagini, la scrittura è un esito recente dell’attività umana.

Dall’immagine al suono

Successivamente ci si rese conto che un ideogramma poteva evocare non solo la cosa in sé, ma anche l’insieme dei fonemi che componevano la parola nella lingua parlata. Questo permise il passaggio decisivo dall’immagine al suono. Al sistema ideografico si sovrappose quello fonetico, come se quest’ultimo però fosse stato un supporto del sistema ideografico e non un suo sostituto. Coesisteva dunque un duplice livello semantico nella scrittura cuneiforme: ideografico e fonetico.

La scrittura cuneiforme, chiamata così in ragione dei cunei che compongono i caratteri, era realizzata da uno stilo, con una delle estremità tagliata a ugnatura, che imprimeva segni a cuneo sull’argilla fresca della tavoletta. Furono queste tavolette di argilla gli antenati dei libri in Mesopotamia, i primi supporti su cui l’uomo cominciò a scrivere. È curioso osservare che anche noi oggi scriviamo su tablet e questa parola inglese designa sia la tavoletta cuneiforme che i dispositivi elettronici.

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